“Quindici anni e l’Europa perderà la farmaceutica”
Perché quella del Ceo Astrazeneca Soriot è una profezia che può avverarsi
Quindici e non più quindici: l’Europa rischia di perdere (pure) l’ultima eccellenza che le rimane, cioè la farmaceutica. La profezia del Ceo di Astrazeneca, Pascal Soriot, è di quelle che fanno paura. Altro che Nostradamus, la “terzina” sussurrata dal manager franco-australiano a Le Monde è fin troppo chiara e, purtroppo, plausibile: “Tutte le nuove fabbriche che produrranno i farmaci del futuro nasceranno oltre oceano”. Tempo quindici anni, per Soriot, e tutto svanirà.
L’Europa a rischio: la farmaceutica sparirà?
Le aziende faranno fagotto per volarsene negli States, con tanto di biglietti in classe business pagati (profumatamente) dalla Casa Bianca. Sarebbe facile, fin troppo, prendersela con il (solito) Trump. Brutto e cattivo, nemico dell’Europa. Che ci ha messo i dazi e ci ha inguaiato. Il problema, come ha riferito Soriot, ha radici ben più profonde. E non basteranno le buone intenzioni a risolverlo. Perché, in fondo, per “curare” la farmaceutica occorrerebbe che l’Ue, e non l’Europa (due concetti ben distinti e separati), trovasse il coraggio di rinunciare a ciò a cui tiene di più: la burocrazia a tutti i costi.
La terzina di Soriot
Il Ceo di Astrazeneca ha spiegato: “Fino a vent’anni fa, l’innovazione farmaceutica europea era il punto di riferimento. Oggi gli Stati Uniti hanno preso il comando, mentre la Cina, che un tempo puntava solo sui generici, ha fatto enormi investimenti in nuove tecnologie, avanzando a una velocità impressionante. Nel frattempo l’Europa ha scelto la regolamentazione al posto del sostegno all’industria. E ora ne paga le conseguenze”. Parole durissime.
Il pacchetto che non piace
Che arrivano a distanza di pochi giorni dalla presentazione del Pharma Package. Contestatissimo dalle aziende del comparto. In Italia, le scelte di Bruxelles hanno indotto il presidente Farmindustria Marcello Cattani a denunciare il pericolo di perdere ben 100 miliardi di investimenti, venticinque dei quali solo in Italia. E, per di più, in un orizzonte temporale che appare ancora più stretto rispetto a quello vaticinato da monsieur Soriot: appena dieci anni.
Un film già visto con l’automotive
Così come è (già) accaduto per l’automotive, accadrà pure per i farmaci. I cinesi non hanno copiato. Tutt’altro. Hanno imparato e, contestualmente, si son mossi al meglio delle loro capacità per centrare l’obiettivo, strategico, di controllare le supply chain del comparto. Il conto, salato, delle delocalizzazioni si paga (anche) così. Come è (già) accaduto per l’automotive, accadrà pure per i farmaci. Perché l’Ue ha deciso di regolamentare, legiferare, produrre tonnellate di carta e imporre limiti ambientali e green sempre più stringenti. Un po’ come è accaduto per l’intelligenza artificiale.
Il nodo dell’Ai
Non c’è lo straccio di un “campione” continentale, tuttavia a Bruxelles si beavano di essere stati i primi, al mondo, a licenziare un regolamento ad hoc. Una consolazione magra, anzi magrissima. Perché (anche) a causa dell’intelligenza artificiale, le case farmaceutiche preferiranno volare negli States. L’America, difatti, sarà la nuova frontiera della ricerca. Perché l’Ai consente di abbattere i costi delle ricerche e di poterne fare sempre di più a costi decisamente inferiori. I primi risultati delle sperimentazioni tramite Ai ci sono già. Nuovi farmaci vengono studiati grazie agli algoritmi, c’è una sempre maggiore affidabilità dei risultati degli studi compiuti con l’ausilio delle nuove tecnologie digitali.
Un disastro all’orizzonte?
E allora a che serve più rimanere in Europa dove le infrastrutture cibernetiche sono ancora all’anno zero e, intanto, si devono pure rispettare standard esigenti a fronte, peraltro, di un periodo di protezione per i brevetti, per i dati e per il commercio dei nuovi medicinali che sarà ridotto dalle nuove regole Ue? Quindici e non più quindici, più che una profezia, quella del Ceo di Astrazeneca sembra una promessa. Che, purtroppo, è di declino per tutti. Aveva ragione Tacito, a proposito del proliferare di nuove leggi. Un segnale di decadenza, perché corruzione non va letto sempre e solo come fosse un capo di imputazione. Il lemma, oltre al significato criminale e penale, ne conserva uno più antico e che calza di più a pennello. Quello del disfacimento, dell’inizio della fine. L’Ue è di fronte a uno scenario simile. E se perde pure la farmaceutica, sarà davvero la fine del nostro piccolo mondo antico. Altro che Nostradamus e i suoi disastri.
Torna alle notizie in home