Fumogeni e rabbia duemila in corteo per salvare Valbruna
Bolzano si è svegliata ieri con il rumore dei tamburi e il fumo dei razzi colorati. Dalla zona industriale, dove sorgono i cancelli delle Acciaierie Valbruna, fino a piazza Municipio, il corteo dei lavoratori e dei dirigenti del colosso dell’acciaio inox ha attraversato la città con un messaggio chiaro: “Il lavoro non si tocca”. In testa, lo striscione bianco e rosso con la scritta “Salviamo le Acciaierie Valbruna”, seguito da oltre duemila persone, tra cui familiari, studenti e cittadini, che hanno sfilato dietro le bandiere di Fiom, Fim e Uilm.
Il clima è stato quello delle grandi giornate civiche
Rabbia, dignità, e la consapevolezza di giocarsi molto più di una vertenza industriale. A rischio ci sono 600 posti di lavoro diretti e un indotto che da decenni rappresenta una parte vitale dell’economia altoatesina. La miccia della protesta è il bando europeo varato dalla Provincia autonoma di Bolzano per la concessione dei 19 ettari di terreno dove sorge lo stabilimento. Si tratta delle stesse aree acquistate negli anni Novanta per salvare la fabbrica da un fallimento certo, poi affidate in affitto trentennale alla Valbruna. La nuova gara prevede due opzioni: un affitto da 150 milioni di euro per 50 anni da versare subito, oppure canoni annuali fino a 8 milioni di euro. Per un’azienda siderurgica che vive di margini ridotti e cicli globali imprevedibili, è un onere insostenibile. Da qui la paura che dietro la formula del bando si nasconda una condanna alla chiusura o alla delocalizzazione. Il governatore Arno Kompatscher difende la scelta, parlando di “necessità di rispettare le norme comunitarie sulla concorrenza e sugli aiuti di Stato”.
La frattura
Ma la linea, pur giuridicamente solida, ha aperto una frattura politica e sociale. Per i sindacati, il rischio è che la rigidità delle regole europee venga pagata solo dai lavoratori. Anche Roma segue la vicenda. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso ha evocato la possibilità di ricorrere al Golden Power, lo strumento che consente al governo di intervenire nelle operazioni economiche di interesse strategico nazionale. Una prospettiva che i manifestanti vedono come l’unica ancora possibile per salvare un patrimonio industriale storico. Il sindaco Corrarati da parte sua afferma: “Bolzano non può perdere la sua fabbrica”. Sul palco di piazza Municipio Corrarati parla di una “giornata storica per la città”. “Questo Paese è nato sui valori del lavoro – analizza – e il lavoro va difeso perché è dignità, non solo salario”.
Nitido il legame con Vicenza
Il destino della Valbruna di Bolzano è intrecciato a quello della casa madre veneta, dove lavorano oltre 2.000 persone. Le due unità sono interdipendenti: materie prime e semilavorati viaggiano ogni giorno tra i due stabilimenti. “Se chiude Bolzano, cade anche Vicenza – spiegano i rappresentanti sindacali -. E sarebbe un colpo devastante per tutta la filiera dell’acciaio inossidabile italiano”. E sullo sfondo si stagliano gli altri due stabilimenti del gruppo Valbruna, della famiglia Amenduni, negli Stati Uniti e in Canada, dove potrebbe essere trasferita la produzione. Molti operai vicentini hanno partecipato al corteo, mescolandosi ai colleghi altoatesini. Un gesto simbolico ma potente, che ha trasformato una vertenza locale in una questione nazionale.
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