Economia

Geraci: “Uscire da Via della Seta? Biden non ce lo ha chiesto”

di Giovanni Vasso -

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, GIORGIA MELONI XI JINPING PRESIDENTE REPUBBLICA CINESE


Via della Seta: “Se il governo Meloni esce dal MoU, farebbe un atto contro gli interessi del Paese”. L’economista Michele Geraci sa di cosa si parla quando si evoca il trattato della Via della Seta tra Italia e Cina. È stato, infatti, tra i protagonisti della redazione e della firma di quel patto in qualità di sottosegretario allo Sviluppo Economico ai tempi del Conte I.

Professor Geraci, davvero Biden ha chiesto a Meloni di uscire dal patto commerciale con Pechino?
Non credo, ne sono quasi certo ma non c’ero, che Biden abbia chiesto questo a Meloni. Questa cosa la prenderei con le pinze, anche perché la stessa premier ha detto che durante l’incontro si è parlato di questo tema ma che non le è stato chiesto nulla. Ma, ripeto, io non c’ero e quindi non lo so. So, invece, e lo so perché c’ero quando l’abbiamo firmato il MoU, che gli americani hanno chiesto a me personalmente e a Luigi Di Maio, che l’abbiamo fatto, i motivi e le ragioni di questo memorandum, ci hanno espresso dubbi e perplessità ma mai si sono permessi di dirci cosa avremmo dovuto fare, né tantomeno ci hanno mai “ordinato” nulla.

A che serve questo Memorandum?
A cogliere tre obiettivi principali: sviluppo economico, gestione dei flussi migratori e stabilizzazione dell’Africa, più un altro legato al tema delle infrastrutture, dei commerci e quindi della pace. La nostra economia dipende dall’export. Il nostro export dipende, oggi, dall’Asia, domani dipenderà dall’Africa. La soluzione al problema dei migranti non sta nel come suddividere i 100mila arrivi nell’Ue, questa è solo la punta dell’iceberg. Il problema vero è che l’Africa passerà da una popolazione di 1,4 miliardi di persone a 4 miliardi di abitanti. E quelli non si possono certo suddividere. Sono un po’ troppi anche per noi. Sia dal punto di vista economico e dei migranti, sia da quello etico per l’Africa, il MoU è un piccolo patto, non la panacea, che punta a risolvere questi tre problemi: rafforzare la nostra economia con l’export, aiutare l’Africa a stabilizzarsi, con un aiuto concreto per lo sviluppo. Ovviamente, non è che tutto si realizza alla firma degli accordi, ma di certo si tratta di un’intesa che va in quella direzione. C’è poi un quarto punto: lo sviluppo delle infrastrutture che riguardi Asia, Africa e anche il nostro continente. In un momento di guerre e di tensioni internazionali, fare delle ferrovie per i treni che spostano merci e non armi mi pare sia qualcosa di importante. Del resto, lo sappiamo: le guerre si fanno per soldi. Se cerchiamo un’alternativa per lo sviluppo, allora mettiamo in moto meccanismi di pace anche con un accordo commerciale come questo.

Il ministro Guido Crosetto ha avuto parole durissime sulla Via della Seta. Ha parlato di atto scellerato e di benefici prossimi allo zero per la nostra economia..
Non so cosa gli è preso. La regola numero uno sarebbe che, in diplomazia, sia sempre meglio dire meno di quello che si pensa. Se un ministro competente di un dicastero fa commenti sulle sfere competenze di altri ministeri, malconsigliato dal suo staff, cade in alcune trappole. Ha commesso degli errori gravissimi sui commenti economici, quello che dice non sta in piedi. Credo sia un altro errore dire che la sottoscrizione fu un atto scellerato e farlo mentre cerchiamo di dire ‘usciamo senza fare danno’. Per di più lo fa usando questo linguaggio, mentre per definizione un ministro della Difesa deve essere molto accurato a scegliere le parole che pronuncia. Ma c’è di più. Il MoU ha avuto l’approvazione del Quirinale, dell’attuale Presidente della Repubblica nonché del suo collega di governo, Matteo Salvini. Insomma, usare certi toni contro una delle prime economie al mondo mettendo in dubbio l’operato di chi era al governo allora e di chi, come il Quirinale, ha dato il placet all’intesa, non mi sembra il massimo. Io, sicuramente, avrei evitato.

Gli americani non ce lo chiedono, i conti sono in ordine. Allora è una tempesta in un bicchiere d’acqua questa sulla Via della Seta?
Assolutamente sì. Il danno, per un’eventuale uscita dal memorandum, sarebbe solo per noi. Non perché lo dico io. Basterebbe considerare che questi accordi si fanno per le aziende. Ebbene, nessuna impresa vuole uscirne, e neanche una si è lamentata per la firma all’epoca. L’intesa era stata fatta per loro che non se ne sono lamentati. Con tutto il rispetto per Biden o per Macron, io dico che gli “azionisti” di un esecutivo sono semmai, in questa vicenda, le aziende e non i governi stranieri. Se il governo Meloni esce dal MoU fa un atto contrario agli interessi del Paese.

Ma la tensione tra Usa e Cina è palpabile e scuote gli equilibri geopolitici ed economici. Si va a passo spedito verso il baratro oppure c’è chi lavora per disinnescare il potenziale conflitto?
Sono al lavoro dei meccanismi positivi. E paradossalmente ci sono le aziende americane che vanno contro il governo Biden. In America sono le imprese che finanziano i partiti, non accade il contrario come avviene da noi. È chiaro che la Casa Bianca ora sente la pressione delle aziende e dei loro rappresentanti perché loro, come me e tanti altri osservatori, capiamo benissimo che queste tensioni fanno male al loro business. Ma tra un po’ si tornerà al voto negli Usa. Credo che, per allievare le tensioni del comparto industriale, in vista delle elezioni, Biden farà marcia indietro e allenterà i toni su tech e materie prime. Le aziende americane soffrono di questo atteggiamento ostile anti Cina.


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