GRAVI INDIZI DI REATO – Caso Bergamini, dopo 35 anni una verità: Denis non si è suicidato
Il 18 novembre 1989, lungo la statale 106 jonica, nei pressi di Roseto Capo Spulico, Calabria, viene ritrovato il corpo senza vita di Denis Bergamini, calciatore del Cosenza, centrocampista 27enne ed ex promessa del calcio italiano.
Da quel momento si apre uno dei casi più controversi e oscuri della cronaca sportiva e giudiziaria italiana. Secondo la prima ricostruzione ufficiale, Denis si sarebbe suicidato gettandosi volontariamente sotto un camion in corsa. La sua ex fidanzata, Isabella Internò, presente sul luogo, racconta di un ragazzo depresso, con intenti autolesionistici. Il camionista, Raffaele Pisano, conferma di aver visto un giovane buttarsi improvvisamente sotto le ruote.
Il caso viene archiviato come suicidio, ma qualcosa non torna. I familiari di Denis, in particolare la sorella Donata, non credono alla versione ufficiale. Troppe incongruenze: il corpo è intatto, come se fosse stato adagiato, e non presenta le tipiche lesioni da impatto violento. I vestiti non sono lacerati, il sangue è scarso, e le scarpe sono al loro posto. I testimoni parlano di strani movimenti intorno alla macchina di Denis prima dell’arrivo del camion. Inoltre, lo stesso camion procede a velocità ridotta, come se fosse in attesa di un evento.


Nel corso degli anni, l’ipotesi del suicidio viene sempre più messa in dubbio. Voci, testimonianze, indizi e perizie mediche portano a una nuova verità: Denis non si è tolto la vita.
È stato ucciso, probabilmente soffocato, e poi il corpo è stato messo sulla strada per simulare un suicidio. Nel 2017, il caso viene ufficialmente riaperto dalla Procura di Castrovillari. Isabella Internò viene indagata per omicidio volontario aggravato e nel 2021, a distanza di oltre trent’anni, viene rinviata a giudizio.
Il processo inizia nel 2023, con una valanga di testimoni, perizie e ricostruzioni che stravolgono la verità ufficiale. Secondo la nuova accusa, Isabella avrebbe avuto un ruolo decisivo nell’omicidio, forse per motivi legati alla gelosia, al controllo, o a una presunta gravidanza.
La posizione di Denis, come figura pubblica e simbolo sportivo, rende il caso ancora più clamoroso. La città di Cosenza, che ha sempre amato il suo numero 8, segue il processo con partecipazione e dolore. Il suo volto, stampato su striscioni e murales, diventa emblema di una giustizia attesa troppo a lungo.
Il caso Bergamini non è solo una vicenda giudiziaria, ma anche un dramma umano, sportivo e culturale. Racconta di un ragazzo che sogna una vita normale, lontano dai riflettori, ma che trova la morte in circostanze ancora da chiarire. Racconta dell’ostinazione di una famiglia, che non si arrende e continua a lottare per la verità.
Oggi, mentre il processo è ancora in corso, una sola certezza emerge con forza: Denis Bergamini non si è suicidato. È morto da innocente. E merita, finalmente, giustizia.
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