Esteri

Guerra calda

di Ernesto Ferrante -


Cambiano i tempi e mutano le “temperature”. Il viceministro degli Esteri russo Sergei Ryabkov ha usato l’espressione “guerra calda” alla radio Sputnik per descrivere i pessimi rapporti con Washington.
“Ora siamo in una fase di guerra calda con gli Stati Uniti. Stiamo assistendo al loro coinvolgimento diretto in una guerra ibrida con la Russia in vari modi”, ha detto il viceministro degli Esteri alla radio Sputnik.
“Alcune forme di questa guerra sono semplicemente senza precedenti, semplicemente non esistevano e non poteva esistere durante la Guerra Fredda”, ha continuato il diplomatico sottolineando che “purtroppo si parla molto della minaccia di un conflitto nucleare”.
Ryabkov ha accusato gli “avversari americani” di essere “assolutamente sconsiderati” e di “spingere più in alto, accecati dalla loro convinzione assolutamente assurda e infondata nella capacità di infliggere una sconfitta strategica alla Russia”. “Questo è giocare con il fuoco nel vero senso della parola”, ha concluso il viceministro.
Di “crisi profonda” delle relazioni con gli Usa ha parlato anche il presidente Vladimir Putin, ricevendo le credenziali dei nuovi ambasciatori a Mosca. “La crisi odierna è stata determinata dalla volontà degli Stati Uniti di sostenere le rivoluzioni colorate come parte della loro politica estera, anche in Ucraina”, ha aggiunto Putin.
L’unica maniera “per ricostruire i rapporti con gli Stati Uniti” sarebbe, per il capo del Cremlino, rispettare i “principi di uguaglianza e non interferenza negli affari interni”.
La guerra continuerà fin quando anche la Crimea non sarà liberata. Ne è convinto Mykhailo Podolyak, consigliere del capo dell’Ufficio del Presidente dell’Ucraina.
“Tra sei mesi, ha annunciato Podolyak in un’intervista a Radio Liberty, l’Ucraina entrerà in Crimea e, prima di tutto, sarà necessario sottoporre a processo i collaboratori di Mosca. La Crimea sarà parte dell’Ucraina e coloro che non accettano di vivere in Crimea secondo le regole dell’Ucraina possono lasciare la penisola. E il ponte di Kerch sarà smantellato”.
Il consigliere presidenziale è andato anche oltre, alzando il tiro con proclami che vanno in una direzione totalmente opposta rispetto a quella che porta ai negoziati: “La guerra in corso è per il diritto all’esistenza del mondo civilizzato. E in questo mondo civilizzato non c’è posto per la Russia di oggi. E quindi, ovviamente, la guerra continuerà fino a quando l’intero territorio dell’Ucraina non sarà liberato”.
Un “ottimismo realistico”, così l’ha definito, che si scontra con le affermazioni di Volodymyr Zelensky, il quale ha negato che Bakhmut sia stata conquistata dalle truppe russe, pur ammettendo che la situazione nella città orientale è “la più difficile” fra quelle sul campo di battaglia. Complicata a tal punto che, sebbene il suo obiettivo principale sia quello di non cedere, se la situazione si dovesse ulteriormente aggravare, verranno prese “decisioni appropriate”, leggasi ritiro.

Secondo Ukrinform, Zelensky avrebbe lasciato “margini di manovra” al generale Oleksander Sirskii per ordinare la ritirata. Ma per evitarla, il leader ucraino, che si è recato in Polonia per incontrare il presidente polacco Andrzej Duda e il primo ministro Mateusz Morawiecki, ha chiesto alle potenze occidentali di dargli ancora più armi.

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