Attualità

I cittadini europei ribadiscono “No alla vivisezione, è inutile”

di Ivano Tolettini -


Se la stragrande maggioranza dei cittadini europei, oltre il 73%, è contraria alla vivisezione, perché gli animali hanno metabolismi diversi dall’uomo, tanto che metà dei farmaci che sono ricavati dalla sperimentazione animale sono ritirati dal mercato dopo un anno, gli italiani tra i cittadini dell’Unione rimangono anche nel 2023 i più fermi. Quasi l’83% degli intervistati è contrario all’uso di animali in laboratorio perché è favorevole a una scienza più etica, organizzata su metodi sostitutivi, dunque su modelli alternativi.
EVOLUZIONE SCIENTIFICA
“Una parte del pubblico è ancora convinta – ricordava di recente Marco Mamone Capria, matematico ed epistemologo dell’Università di Perugia e presidente dell’associazione Hans Ruesch – che ogni grande progresso medico è stato ottenuto grazie alla sperimentazione sugli animali”. In realtà la sperimentazione scientifica, sottolinea il docente, dimostra che solo una minima parte dell’evoluzione biomedica è favorita dall’uso degli animali, mentre la modellistica di ultima generazione fa sempre meno uso degli animali da laboratorio per sperimentare farmaci che hanno un migliore impatto sulla fisiologia umana. Oltre a considerare le inevitabili sofferenze cui le cavie vanno incontro. Qualche mese fa Mamone Capria con lo studio dal titolo “La sperimentazione animale nella ricerca medica: metodo scientifico o falsa sicurezza?”, ha approfondito tematiche per dimostrare che si può tranquillamente rinunciare alle cavie in ambito sperimentale. Tant’è che in occasione delle elezioni politiche dello scorso settembre, osservava che “gli animalisti e gli antivivisezionisti dovrebbero occuparsi di politica, naturalmente, perché quello a cui aspirano non è semplicemente la diffusione di sentimenti benevoli verso gli animali, con l’introduzione di leggi che proibiscano comportamenti caratterizzati da insensibilità alle sofferenze degli animali con l’utilizzo della sperimentazione invasiva su animali vivi, ma anche che ormai è dimostrato che la vivisezione è di ostacolo a un autentico progresso medico”.
NUOVA STRATEGIA
Secondo questa posizione il rifiuto delle cavie animali include quello delle cavie umane, vale a dire la possibilità che qualsiasi essere umano possa essere sottoposto a un esperimento biomedico con un consenso forzato o disinformato. Del resto, una nota di aprile della Lega antivivisezione (Lav), alla luce dell’iniziativa dei cittadini Europei (Eci), con la quale sono state raccolte 1,4 milioni di firme contro la vivisezione, di cui 91 mila sono italiane, “oltrepassando così del 172% il quorum previsto nazionale”, sottolinea che il 77% dei cittadini europei ritiene che la Commissione europea e gli Stati membri devono sviluppare “una strategia per il passaggio alla sperimentazione senza l’uso di animali”. Un ulteriore dato interessante è che il 75% è dell’avviso che “l’Unione europea sia leader globale nel passaggio alla scienza e all’innovazione senza l’utilizzo degli animali”. Tuttavia, come ha più volte analizzato l’onorevole Michela Vittoria Brambilla, che è presidente dell’Intergruppo parlamentare per la tutela dell’ambiente e i diritti degli animali, “se è vero che nell’ultimo decennio abbiamo ottenuto alcuni risultati contro la vivisezione, per esempio il divieto di allevare in Italia cani, gatti e primati destinati a quel barbaro scopo, è altrettanto vero che parte della direttiva europea 63/2010, come il divieto di usare animali nei test sulle sostanze d’abuso, rimane al momento inattuata”.
CINQUE LIBERTA’
Il motivo è evidente, per la presidente e fondatrice della Lega Italiana Difesa Animali e Ambiente, Michela V. Brambilla: “Le lobby contro interessate sono riuscite a non farla entrare in vigore”. Certo, la stessa parlamentare del centrodestra non si nasconde che la vivisezione è un fenomeno globale e, pertanto, è difficile modificare un orientamento culturale, prima ancora che scientifico, orientato all’uso degli esseri senzienti. Lei stessa fa riferimento al paradigma delle “cinque libertà” del “Brambell report”, che risale agli anni Sessanta ma rimane un punto di riferimento irrinunciabile a difesa degli animali, che hanno sempre bisogno degli umani per avere sempre più voce.


Torna alle notizie in home