Editoriale

Il generale e la politica

di Tommaso Cerno -


di TOMMASO CERNO

Ieri sera a Zona Bianca in un confronto con il generale Roberto Vannacci è stato chiaro che la sua strada nell’esercito sta terminando e quella politica sta per cominciare. Alla domanda di Giuseppe Brindisi, il generale ha risposto con chiarezza che per ora è un soldato ma non può dire di no prima che i fatti siano avvenuti. Tradotto dal politichese è un sì che grida forte come un urlo nel silenzio.

Un po’ l’effetto che ha generato il suo libro che con la solita formula dell’attacco alle minoranze e ai gay, che nella storia d’Italia è poca spesa e tanta resa, soprattutto mediatica, ha trasformato una carriera ormai sbilenca alla guida di un istituto geografico dello Stato in una possibile discesa in campo insieme al nuovo partito che alla velocità della luce sta nascendo attorno all’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno per occupare quel pezzo di destra più estrema che Giorgia Meloni, ormai Presidente del Consiglio e con i sondaggi che la danno ampiamente sopra il 25 per cento da mesi, pur con fatica non può più permettersi di rappresentare. O almeno di dare voce alle istanze più estreme che la metterebbero in difficoltà a Palazzo Chigi.

E così dopo L’era dei giudici e quella dei virologi in tempo di guerra mondiale camuffata da guerra territoriale è la volta dei vertici militari. Non è dato ancora sapere quando e come Vannacci dirà di sì. Ma conoscendo il linguaggio della politica, le parole che ha pronunciato a Zona Bianca sono inequivocabili. D’altra parte ai vertici dell’Esercito è da tempo in corso una guerriglia. Che ha molto a che fare anche con la situazione attuale delle Forze Armate nel nuovo quadro Nato sorto sulle ceneri delle città ucraine in mano ai russi. E così la scintilla del libro sul mondo al contrario ha scatenato l’incendio del mondo che conosciamo bene e che funziona sempre allo stesso modo, facendo sì che gli spazi vuoti si occupino da soli. Ed ecco che quando la destra che pochi anni fa era considerata nostalgica e lontana dalla possibilità di governare si trasforma lentamente in un partito conservatore, a destra della Destra sono tutti pronti a ripartire proprio da dove Giorgia Meloni ormai molti anni fa scelse la corsa solitaria. D’altra parte tra pochi mesi ci sarà il voto per le elezioni europee e gli spazi fanno gola a tutti.

La cosa strana è che con un governo come quello di Meloni era immaginabile una grande movimentazione al centro e a sinistra, mentre assistiamo a un allargamento dall’altra parte dell’emiciclo politico. Proprio quando il progetto terzopolista di Matteo Renzi incontra il no di Carlo Calenda e scompone di nuovo tutti i giochi. La cosa curiosa è che sulla base del libro di Vannacci l’intelligenza di destra italiana si è schierata per la prima volta nella sua storia con forza per la libertà di espressione.

E quindi dovrà prendere atto che in questo momento in Occidente gli alleati conservatori americani hanno avviato una campagna di censura di tutti i libri a sfondo sessuale, che vede come capo cordata il governatore della Florida Ron De Santis, in grossa difficoltà contro Trump. Nell’Ungheria di Orban sono vietati i libri che parlano dei temi lgbt. Addirittura il sindaco di Venezia Brugnaro al suo primo mandato fra le cose che decise appena entrato a ca’ Farsetti fu di togliere dalle biblioteche comunali i testi a sfondo gender. Per cui se non stanno facendo tutto questo, permettetemi il neologismo, per i vannacci loro, ci si aspetta la stessa forza liberista e liberale nel difendere quei libri che invece alla comunità della destra piacciono poco. Non ci illudiamo, non sarà così perché il caso Vannacci, anche se il generale per furbizia politica lo nega, è solo un fatto politico. E con la politica avrà a che fare molto presto.


Torna alle notizie in home