Attualità

Brutto segno il caso Di Cesare – Lollobrigida

di Adolfo Spezzaferro -


Il giudice monocratico del Tribunale di Roma ha dichiarato il non luogo a procedere per Donatella Di Cesare, docente di Filosofia teoretica alla Sapienza di Roma, che era stata querelata per diffamazione dal ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida.

Ciò che ci preoccupa è che la vicenda possa essere il prodromo di una decisione simile per un altro caso simile. Caso ben più grave, quello di Luciano Canfora, querelato per diffamazione dalla premier Giorgia Meloni.

Ma andiamo per ordine. I fatti che vedono protagonista la prof militante antifascista risalgono a un anno fa, al 18 aprile 2023, quando Lollobrigida in un intervento pubblico disse: “Non possiamo arrenderci alla sostituzione etnica. Gli italiani fanno meno figli, quindi li sostituiamo con qualcun altro. È necessario costruire un welfare che permetta di lavorare e di avere una famiglia, sostenendo le giovani coppie a trovare l’occupazione”. Il concetto incriminato (nella mente delle “anime belle” liberal) era ovviamente quello di “sostituzione etnica”, per cui la Di Cesare (balzata di recente alle cronache per il suo post in onore della brigatista rossa Balzerani, poi rimosso) la sera di quello stesso giorno in tv affermò che “la sostituzione etnica è un mito complottistico” presente nelle “pagine del Mein Kampf”, “è il cuore dell’hitlerismo”, sostenendo “che le parole del ministro non possano essere prese per uno scivolone, perché ha parlato da governatore neohitleriano”.

Alla luce della decisione del giudice, il ministro dell’Agricoltura ha ribadito che continua a considerare “il paragone con ministri hitleriani una grave offesa. Ma ho fiducia nella magistratura e se il giudice non la pensa così ne prendo atto. Credo però che la decisione del tribunale di Roma sia la palese dimostrazione che siamo in uno stato libero che rispetta la Costituzione e non ci sono prevaricazioni da parte del governo nei confronti dei giudici. Ho fiducia nella magistratura e se il giudice non pensa che sia un’offesa ne prendo atto. Leggerò le motivazioni”.

Caso chiuso, dunque. Il 7 ottobreprossimo invece al Tribunale di Bari ci sarà l’udienza per un altro maître à penser della sinistra, Luciano Canfora, accusato di diffamazione aggravata nei confronti di Giorgia Meloni. Il filologo, 82 anni, professore emerito dell’ateneo Aldo Moro di Bari, l’11 aprile 2022 aveva definito in un incontro pubblico con gli studenti la leader di Fratelli d’Italia e oggi presidente del Consiglio “neonazista dell’anima”, “trattata come una mentecatta” e “poveretta” nel corso di un dibattito pubblico in una scuola. La premier sarà chiamata a deporre in aula. Il legale di Canfora ritiene che “il processo per un giudizio politico per diffamazione non si debba fare e che sia molto inopportuno farlo quando dall’altra parte c’è oggi un potere dello stato”. Nell’atto di costituzione di parte civile si legge che Canfora “ha, senza giustificazione alcuna, leso l’onore, il decoro e la reputazione della persona offesa”, “aggredendo, vieppiù, la sua immagine, come persona e personaggio politico, con volgarità gratuita e inaudita, utilizzando volgari epiteti – imprevedibili ed estemporanei – che hanno seriamente minato la sfera intima e privata, oltre al patrimonio morale e personale della stessa persona offesa”.

Se anche per Canfora dovesse essere deciso il non luogo a procedere sarà l’ennesima conferma che i radical chic che vedono il fascismo e il nazismo pure negli ingredienti dei cereali per la colazione e che danno per scontato di avere la licenza di insultare in ogni modo chi non è di sinistra sono coperti dalle toghe rosse. Non fa una piega.


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