Cultura & Spettacolo

Il noir italiano perfetto

di Adolfo Spezzaferro -


Evviva il cinema italiano, evviva L’ultima notte di Amore, uno dei migliori film degli ultimi anni della nostra cinematografia. La sequenza pazzesca dei titoli di testa del terzo film dell’attore e regista Andrea Di Stefano sottolineata dalla strepitosa colonna sonora di Santi Pulvirenti, girata in elicottero è il miglior biglietto da visita delle nostre produzioni a livello internazionale. Milano di notte è New York, è Hong Kong. In un piano sequenza che ti tuffa nella storia (ce ne sono diversi di questi mirabili movimenti della macchina da presa), si entra a capo fitto nella notte della Milano criminale, ancora una volta Calibro 9, in un poliziesco-noir praticamente perfetto, con rimandi ai poliziotteschi dell’età dell’oro e al maestro Fernando Di Leo, ma con un respiro internazionale, una qualità superiore anche a molti polar francesi, ossia i polizieschi-noir. Un film, lo ribadiamo, di cui andar fieri, che rimette la nostra cinematografia al posto che le spetta nel panorama globale. Con un film di genere difficile eppure, lo ripetiamo, sostanzialmente ineccepibile. Un piccolo capolavoro, un vero gioiello.
Questa la trama. Franco Amore (un misurato e per questo immensamente bravo Pierfrancesco Favino) è un poliziotto all’ultimo giorno di lavoro dopo 35 anni di onorato servizio, “senza mai aver sparato un colpo”. Uno che viene considerato fin troppo mite e anche ingenuo. Franco ha già anche a lungo meditato e provato il discorso con cui dire addio al grande amore della sua vita (da cui il doppio senso del titolo): la polizia, appunto. Con la sua nuova moglie (la bravissima Linda Caridi, la rivelazione del film), la figlia che studia nel Regno Unito, la vita di questo poliziotto del Sud nella Milano della malavita e dei soldi, è quella tipica di un medio-borghese, all’insegna dell’onestà e del rispetto delle regole. Moglie e amici gli hanno organizzato una festa a sorpresa per l’ultima notte prima della pensione quando, all’improvviso, viene richiamato in servizio un’ultima volta perché è accaduto un fatto grave.
Intanto il cugino calabrese (Antonio Gerardi, sempre più garanzia di qualità) della moglie aveva già lasciato la festa in fretta e furia. Franco dunque si precipita sulla tangenziale dove c’è stata una sparatoria in cui il suo collega e amico fraterno Dino è rimasto ucciso. Nello scontro hanno perso la vita anche due cinesi e due carabinieri. A questo punto la narrazione torna indietro per spiegare l’antefatto e riscrivere la storia appena mostrata. Non possiamo dire altro – pena un imperdonabile spoiler – perché la grande forza di questo film sta nella sua sceneggiatura. Una scrittura che è un ingranaggio precisissimo, dove tutto è incastrato al millimetro. Una storia che diventa pian piano sempre più dura, più noir, appunto. Fino all’ultima, lunga notte: dove tutto collima, dove tutto converge, dove si pagano i conti.
Autore anche della sceneggiatura, Di Stefano, già acclamato attore, ci regala una pellicola con una personalità fortissima, con una cifra stilistica organica. Ogni comparto tecnico è al servizio del tratto distintivo di questa corsa continua, a rotta di collo, che lascia senza fiato. Il film ha sequenze di pura tensione, con un thrilling incessante, crescente, parossistico. L’azione è dosata in maniera equilibrata rispetto ai pochi, essenziali, spesso dirimenti dialoghi. Non ci sono sequenze inutili, non ci sono scene di nudo o di sesso, né scambi di battute per allungare il brodo. Le due ore del film sono percepite come un’ora e mezza di puro concentrato di cinem di genere. La mafia cinese, i legami di sangue e quelli tra colleghi, la polizia corrotta e la cupidigia, la possibilità di fare soldi facili o di realizzare il colpo della vita: tutti elementi che vanno a comporre la notte risolutiva dell’intera esistenza del protagonista, che decide di non essere più il solito sfigato.
Insieme all’ottima regia, a rendere coerente e granitico l’impianto narrativo è la recitazione. In questo film sono tutti bravi o bravissimi. Tra i personaggi come non citare il grande capo della mafia cinese, un anziano capo clan la cui calma è più spaventosa dell’esuberanza da spacconi. Menzione speciale poi ai due personaggi chiave: la moglie e il cugino della moglie di Franco. Viviana che passa da svampita a pazza furiosa, si rivelerà tutt’altro che sprovveduta. Cosimo – una summa di tutti i personaggi dello Joe Pesci di Scorsese – è un concentrato di malvagità e pochezza. Eppure riesce a fare pena.
Correte a vedere questo film al cinema. Vi farete un regalo che vale molto di più del prezzo del biglietto.

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