Editoriale

Il paziente inglese

di Tommaso Cerno -


Deve essere una questione di etimologia se il paziente inglese patisce o attende. Fatto sta che con questo Pd il paziente deve avere tanta pazienza. Nel momento in cui Giorgia Meloni, pur con un atto politico dà la cittadinanza a Indi Gregory, aprendo al tema del supporto della decisione del paziente e in questo caso dei genitori, e non a quella di uno Stato che decide sulla testa delle persone, la sostanza profonda del caso Englaro dove invece la destra stava schierata con lo Stato, la reazione della sinistra è quella di invocare la morte di Indi perché non ci sarebbe speranza di una vita normale e perché magari la sanità costa troppo. Non si tratta di opinioni, si tratta di cecità politica.

E a farsi portavoce di questa posizione fuori dalla realtà è il medico, fanatico dei vaccini, virostar dell’epoca del Covid Crisanti, che anziché portare il premier dentro la contraddizione di una decisione giusta ma invocata per le ragioni sbagliate, e non per un inno alla vita in quanto tale ma per la centralità della persona nelle decisioni che riguardano il proprio corpo e il proprio stato di salute, la sinistra in tilt da opposizione, pronta a dichiarare qualunque follia pur di dire che la destra sbaglia, anziché fare gol almeno stavolta tira la palla in tribuna parlando di come un bambino di due anni sia destinato alla morte. Come se spettasse al Partito Democratico in Italia stabilire e non ai genitori quanto questo bambino possa sperare ancora o comunque vedere arrivare questa morte in un tempo non deciso dalla rigidità della sentenza di un giudice.

Si era aperto un varco culturale gigantesco perché la decisione del governo, pur in virtù di una cultura della vita a volte estrema, andava a sposarsi perfettamente con quel dibattito che quindici anni fa, ai tempi del caso Englaro, il centrodestra allora guidato da Silvio Berlusconi si rifiutò di fare. Quel dibattito che prevedeva che al centro della questione Englaro non ci fosse la vita o la morte scelta da noi, secondo la nostra cultura personale e le nostre convinzioni, ma l’affermazione che solo il paziente così come succede quando egli è in grado di intendere può autorizzare e quindi anche sospendere le terapie che riguardano il suo corpo e il suo stato di salute. L’unica domanda che aveva senso fare al governo, se ti presenti in un dibattito pubblico con scritto sotto Partito Democratico, era quando Giorgia Meloni avesse cambiato idea.

E dopo avere sostenuto per anni che Eluana doveva vivere per ordine dello Stato, nel caso di Indi sosteneva invece la decisione dei genitori, esattamente come papà Peppino aveva fatto per sua figlia. Certo che le decisioni erano poste nel merito, ma qui il dibattito non è nel merito, è nel principio. Se i genitori vogliono curare Indi al fianco di chi lotta per la vita a tutti i costi ci saranno comunque schierati quelli che lottano perché sia il soggetto paziente, la persona, l’essere umano o i suoi tutori, gli unici depositari delle sue volontà terapeutiche. Questo sarebbe stato un dibattito politico interessante, una curiosa contraddizione che avrebbe aperto a uno scontro dentro la destra, fra l’area liberale radicale che avrebbe ammesso tale contraddizione, e quella clericale è più neocon che avrebbe invece sostenuto la vita a tutti i costi in qualunque modo essa possa essere dichiarata come unica strada.

E invece cosa ha fatto il PD? Si è schierato con la malattia, spiegando con grande cultura scientifica che quella bambina non può vivere per molto tempo, come se noi poveri fessi non lo sapessimo. E ha aggiunto che la sanità ha dei problemi, quasi a dire che in fondo se abbiamo pochi posti in ospedale meglio togliere di mezzo i bambini che togliere di mezzo gli sprechi e le ruberie. Resta solo un consiglio da dare a Elly Schlein: quando fai le liste concentrati sulla centralità della persona. E scegli un po’ meglio.


Torna alle notizie in home