Il ritorno del “papello” Jonella contro Nagel“. Conto da 20 milioni”
Il passato non muore, ma aspetta il momento giusto per bussare. Dodici anni dopo la tempesta che travolse Fondiaria-Sai, Jonella Ligresti, figlia primogenita di Salvatore, torna in campo. Ha fatto causa civile ad Alberto Nagel e a Mediobanca, chiedendo un risarcimento di oltre 20 milioni di euro per danni morali e patrimoniali. Al centro della contesa c’è di nuovo lui, il “papello”, quel foglio scritto a mano nel maggio 2012, quando si decise l’uscita della famiglia Ligresti dal gruppo assicurativo che portava il loro nome. Una causa tardiva? Forse. Ma la tempistica, come sempre, conta. Jonella si muove ora, proprio mentre Nagel si prepara a lasciare la guida di Mediobanca dopo vent’anni. È il cambio di stagione che rende possibile ciò che per anni era rimasto impensabile: sfidare il potere che un tempo aveva il controllo della finanza milanese. Per questo è il documento e la promessa. Il “papello” fu sequestrato nel 2012 durante l’indagine del pm Luigi Orsi sull’acquisizione di Fonsai da parte di Unipol. Era un documento firmato “per presa visione” da Nagel, recante la dicitura “Accordo tra Famiglia e Nagel, Pagliaro, Cimbri, Ghizzoni”, e conteneva una lista di richieste economiche: 45 milioni di euro netti, 700 mila euro l’anno per cinque anni a quattro membri della famiglia, più consulenze, immobili, benefici accessori. In sostanza, il prezzo politico e umano della resa. Il “papello” non fu mai considerato vincolante dai giudici, e Nagel fu archiviato nel 2015 dall’accusa di ostacolo alla vigilanza. Ma per la famiglia Ligresti resta una ferita aperta: un accordo sottoscritto, disatteso e rimosso. E ora Jonella chiede che quella promessa infranta diventi materia civile.
Perché proprio ora
La domanda che molti si fanno è semplice: perché aspettare dodici anni? “Perché ora Nagel non ha più potere”, risponde a mezza voce un ex consulente di Fonsai, oggi lontano dai riflettori. “Finché era al vertice, ogni azione contro di lui era impossibile. Ora il contesto è cambiato, e anche Mediobanca non è più il fortino di un tempo”. La spiegazione giudiziaria, però, è più sottile. La famiglia avrebbe scelto la via civile proprio perché il reato penale è stato archiviato. Nel civile, i margini si allargano: non serve dimostrare il dolo, basta provare il danno. E i danni, spiega la citazione, sono patrimoniali e morali, derivanti dall’esclusione e dal mancato rispetto di un accordo che avrebbe dovuto garantire una “uscita ordinata e dignitosa”. Nel mezzo c’è stato il declino dei Ligresti. Per la dinastia che negli anni Ottanta aveva incarnato l’alleanza fra cemento, finanza e assicurazioni, la caduta fu brutale. Nel 2012 Unipol prese il controllo di Fonsai, Mediobanca ne orchestrò l’operazione, e la famiglia Ligresti venne estromessa. Seguì il crollo: Salvatore Ligresti finì sotto processo, Giulia e Jonella furono condannate in primo grado per falso in bilancio, poi assolte in appello. Il patriarca morì nel 2018, in una Milano che non parlava più il suo linguaggio. Oggi Jonella, che vive tra la Lombardia e la Sardegna, tenta di riscrivere almeno un capitolo di quella storia. “Non si tratta di riabilitazione morale – spiegano i legali -, ma di un risarcimento dovuto”. Intanto, Mediobanca cambia volto e pelle con la successione voluta da Mps e dal ministero del Tesoro. Con l’uscita di Nagel, e l’ingresso del nuovo presidente designato Vittorio Grilli e il nuovo Ad Alessandro Melzi d’Eril, la banca fondata da Enrico Cuccia non è più l’architrave della finanza di relazione. I tempi della “moral suasion” sono finiti. E proprio per questo, la causa arriva come un colpo di coda simbolico: una resa dei conti differita nel tempo, quando l’equilibrio di potere si è rovesciato. “Il momento è propizio”, dice un analista milanese. “Nagel non è più intoccabile. E la famiglia Ligresti, almeno formalmente, non ha più nulla da perdere. È una causa che vale anche come monito: il sistema non dimentica i suoi conti sospesi”. Resta la domanda: è ancora valido un accordo firmato dodici anni fa? Dipenderà da come i giudici qualificheranno il “papello”: semplice promemoria o impegno negoziale? Se sarà riconosciuto come documento d’intesa, la partita si riapre. Può Mediobanca essere chiamata a rispondere per fatti avvenuti prima dell’archiviazione penale? In teoria sì, se il danno economico è dimostrabile e autonomo rispetto alle questioni penali. E Nagel? Nagel è difeso da una squadra di legali esperti e non rilascia commenti. La sua linea sarà quella già sostenuta in passato: “Mai firmato un patto vincolante, solo visionato un appunto di lavoro”. La causa di Jonella non è soltanto una vertenza economica. È un gesto di memoria e di riscatto. Rimettere sul tavolo il “papello” significa riaprire una pagina rimossa della finanza italiana, quella in cui Mediobanca decideva chi doveva sopravvivere e chi no. Per questo, più che un’azione giudiziaria, sembra una battaglia simbolica. Un colpo a un sistema di potere che a lungo ha operato in silenzio, garantendo ascese e cadute. Nagel, disarcionato dopo aver traghettato Mediobanca in anni di tempeste e fusioni, vede ora riaffiorare un fantasma del passato. Jonella Ligresti, che ne era stata vittima e protagonista, torna per presentargli il conto.
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