IN LIBRERIA – L’Italia del potere che non sopportava Pasolini
Pubblicato da Nuova Palomar (2025) e curato con competenza e rigore da Lanfranco Palazzolo, Il Parlamento contro Pasolini. Ostilità in forma di prosa verso PPP (1959–1976) è un’opera di grande valore storico e culturale che illumina un angolo ancora poco indagato del rapporto tra Pier Paolo Pasolini e le istituzioni repubblicane italiane.
Attraverso una ricerca scrupolosa, condotta tra gli atti parlamentari di Camera e Senato, il volume ricostruisce con impressionante precisione il clima politico e culturale che circondò Pasolini per oltre un quindicennio, offrendo uno spaccato tanto rivelatore quanto inquietante della reazione del potere nei confronti di una delle voci più libere e scomode del Novecento italiano.
Il libro è composto da una raccolta di interventi parlamentari – molti dei quali al limite dell’invettiva – rivolti contro Pasolini in occasione di dibattiti politici, interrogazioni, richieste di censura e dichiarazioni pubbliche. L’arco temporale scelto, che va dal 1959 al 1976, abbraccia l’intero periodo di attività pubblica di Pasolini, dalle sue prime opere cinematografiche e narrative fino ai mesi precedenti alla tragica morte.
Ciò che colpisce è la trasversalità dell’attacco nei suoi confronti: deputati e senatori di diverse forze politiche, dall’estrema destra alla sinistra moderata, trovano in Pasolini un nemico comune da stigmatizzare, censurare, talvolta perfino denunciare. Le sue opere sono spesso accusate di immoralità, pornografia, vilipendio, anticlericalismo; la sua figura privata – omosessualità, ateismo, comunismo – viene sistematicamente utilizzata per screditare anche la sua produzione intellettuale. Palazzolo, con grande equilibrio, si limita a presentare i documenti senza sovrapporre interpretazioni personali, lasciando che siano le parole dei parlamentari stessi a raccontare l’ostilità sistemica che Pasolini dovette affrontare.
Lo stile del volume è sobrio, essenziale e proprio per questo estremamente efficace. La forza del libro risiede nella sua capacità di mettere in luce il peso delle parole ufficiali, pubbliche, pronunciate in contesti istituzionali. Atti pubblici che si trasformano in strumenti di delegittimazione e di violenza verbale contro un intellettuale che aveva osato rompere i codici della comunicazione “corretta”. Non una semplice operazione storiografica ma una dimostrazione di difficoltà nell’affermare la propria libertà espressiva.
Il Parlamento contro Pasolini è un’opera che parla al presente, ma che ci porta anche a fare i conti con un passato a tratti oscuro, che a volte si ripresenta come un esempio da non ripetere.
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