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In Trentino è orsofobia Il dramma del runner fa paura agli hotel

di Ivano Tolettini -


Eccolo il presagio horror paventato che si materializza. La domanda se la pongono da anni in molti, ogni volta che affrontano a piedi un percorso boschivo nelle vallate trentine: “Che probabilità avremo di incontrare l’orso bruno?”. Poche, ovviamente, ma l’eventualità c’è. Segue il successivo interrogativo, posto da molti valligiani: “Bisogna che ci scappi il morto prima che si contenga la crescita, visto che il loro numero si moltiplica e il pericolo di un incidente mortale per colpa di un animale problematico o di un’imprudenza umana esiste?”. Scontata l’altrettanto ovvia considerazione: “Se ci sarà il morto le autorità saranno costrette ad affrontare il problema, tra un ambientalismo estremo e le obiettive esigenze dell’uomo, oltre che degli operatori turistici che temono un possibile contraccolpo economico in caso di aggressioni funeste, perché un’escursione o una banale corsa non può e non deve trasformarsi in una tragedia”. Adesso che il primo morto in Trentino c’è scappato per davvero, in val di Sole, quando mercoledì nel tardo pomeriggio il corridore di montagna Andrea Papi, 26enne di Caldes, è stato aggredito e ucciso da un plantigrado a 1.150 metri mentre scendeva da malga Grum, dove aveva girato un video che aveva subito postato sui social, dolore e rabbia si alternano a seconda delle prospettive. E montano inevitabili, feroci, le polemiche. Perché c’è anche chi non aspettava altro per regolare i conti, a vari livelli.
VOLEVANO IL MORTO
Franca Ghirardini, madre di Alessio, che aveva una laurea in scienze motorie e una grande passione per lo sport, quando le hanno detto com’era morto l’amato figlio, ha urlato arrabbiata la sua disperazione: “Volevano il morto, eccolo, adesso l’hanno avuto. intanto, il mio Andrea non c’è più”. Coldiretti in un comunicato afferma che la tragedia di Papi “è la punta di un iceberg di una situazione fuori controllo dove la resistenza di chi lavora e vive sul territorio è ormai al limite, considerato che in Trentino in circolazione oltre a una presenza di almeno 100 orsi, ci sono anche 26 branchi di lupi o ibridi con intrusioni nelle aziende e negli allevamenti”.
LIFE URSUS E CLIMA
Il progetto per ripopolare le montagne trentine con l’orso è ormai datato di 27 anni. Correva il 1996 quando il parco dell’Adamello-Brenta ha visto l’introduzione dei primi esemplari che in breve si sono riprodotti diventando una decina. Da quel momento le vallate di Non, di Sole e di Rabbi, oltre che della Rendena e del Chiese sono diventate luoghi di continui avvistamenti perché i plantigradi si moltiplicavano. Su questo ha influito anche il cambiamento climatico, perché ad esempio quest’anno nella zona di Baitoni, frazione del Comune di Bondone, inserito nel circuito dei borghi più belli d’Italia al confine con il Bresciano nella zona del lago d’Idro, l’orso è stato visto per tutto l’inverno, segno che non è andato in letargo. Ed ha nevicato poco. E questo influenzerebbe la riproduzione degli orsi, aumentandola. Tanto che il loro numero effettivo nessuno lo sa per davvero. Si tenga conto, poi, che un orso bruno in una notte, può percorrere tra i 40 e i 60 chilometri. Il rapporto sui grandi carnivori della provincia di Trento del 2021 li contabilizza 69, ma la stima è ritenuta molto per difetto. Tra l’altro, l’ultima aggressione era stata il 5 marzo scorso in val di Rabbi, a pochi chilometri da dov’è stato ucciso il povero Papi, quando Alessandro Cicolini ha raccontato di essere stato aggredito dal plantigrado Mj5 – gli orsi censiti hanno un nome – mentre era a passeggio col proprio cane. Ha riportato alcune ferite, ma può raccontarla. Non si esclude che ad aggredire Papi sia stato sempre Mj5. Sarà decisivo l’esame autoptico per stabilire le cause della morte del runner e, se fosse confermato che è stato un orso il responsabile, isolando il Dna si dovrebbe risalire anche all’animale. L’orso aggredisce solo quando si sente in pericolo, quasi sempre quando ci si avvicina inopinatamente ai piccoli. Siccome la femmina si tiene nei paraggi, se un individuo ha la sfortuna di imbattersi in un piccolo deve avere l’accortezza di allontanarsi a gambe levate perché il pericolo è imminente. Le aggressioni all’uomo sono state numerose negli anni in Trentino e nel 2017 l’esemplare Kj2 venne abbattuto. Il presidente trentino Ugo Rossi finì addirittura a processo e poi fu assolto.
FUGATTI

Il presidente della Provincia Autonoma di Trento, Maurizio Fugatti, l’altro giorno ha subito informato il Governo. “Ho chiamato il ministro dell’Ambiente, Pichetto, dell’Interno, Piantedosi e il vicepresidente del Consiglio, Salvini, spiegando che cosa è accaduto – dice il governatore -. Siamo in attesa degli esiti scientifici su quanto accaduto e, da persone serie, attendiamo l’esito finale prima di decidere un’iniziativa adeguata”. Ieri il deputato bolzanino Alessandro Urzì, capogruppo di Fratelli d’Italia in commissione Affari Costituzionali, ha attaccato dicendo: “Se non è più possibile frequentare per svago o per insediare attività economiche, allevamento, ma anche turismo, i boschi che si aprono dietro le case dove si risiede vuole dire che esiste un problema e il Governo ha già indicato come si debba agire, cercando nelle soluzioni dettate dagli scienziati, non quelli ideologicamente prevenuti, ma quelli al servizio della ragione e dell’uomo”. “Le famiglie delle aree di montagna che non fanno più giocare i bambini all’aperto – aggiunge – sono il segno di una emergenza che solo l’ambientalismo ideologico non vuole vedere e prevenire”. A stretto giro di posta Eleonora Evi, deputata verde, gli ha replicata: “Sono indignata per la strumentalizzazione della tragedia da parte di esponenti di FdI”. Mentre il Patt, partito del centrodestra locale, fa sapere che “se non viene garantita la sicurezza delle persone, il progetto Life Ursus rischia di essere definitivamente messo in discussione”.

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