L'Italia ha poco da preoccuparsi per lo stop al gas: tanto già paghiamo l'energia più di tutti gli altri
Mentre a Bruxelles ci si alambicca a racimolar oro per Kiev, l’Ue chiude definitivamente i rubinetti del gas russo. Sì, ma dal 2027. Ci sono dei contratti da rispettare. “L’alba di una nuova era”, ha detto fin troppo pomposamente frau Ursula von der Leyen, annunciando l’accordo notturno tra Parlamento e Consiglio europeo sullo stop definitivo al gas russo e quello graduale dal petrolio. Le istituzioni Ue hanno convenuto sul porre fine in maniera “graduale ma permanente” alle importazioni di gas naturale liquefatto russo.
Oro, gas e Kiev: la giornata degli annunci Ue
Ma con calma, senza fare le cose di fretta. Per carità. Entro il 31 dicembre 2026. Per quello che arriva tramite gasdotto, invece, il termine si allunga al 30 settembre 2027. E, per di più, si propone una proroga eccezionale di un altro mese, fino al 31 ottobre 2027, nel caso in cui i livelli di stoccaggio fossero inferiori ai livelli di riempimento richiesti. Più che una prova di forza, un’ulteriore ammissione di una dipendenza strategica, figlia di un sonno della ragione lungo decenni. Altro che l’alba di una nuova era, questo è l’ennesimo passo al buio di un viaggio lunghissimo che spera di giungere al termine della notte. E senza nemmeno la consolazione eduardiana. Occorrerà appendersi, con tutte le forze, alle promesse (e al senso degli affari) delle major dell’oil e gas americane.
Il trionfo della burocrazia
E nel frattempo bisognerà aggrapparsi a ciò che di meglio sa fare l’Ue. Ossia la burocrazia. Bruxelles ha già annunciato guerra (di carte) all’approvvigionamento russo. Occorreranno le autorizzazioni, saranno stabilite quote precise, sarà dato mandato all’Eppo e all’Olaf (Procura europea e autorità antifrode, quelle che hanno inguaiato Mogherini, per capirsi) per far rispettare le regole.
L’Italia non ha di che preoccuparsi (tanto già paghiamo più di tutti)
L’Italia, a quanto pare, ha poco da temere. Del resto le imprese del nostro Paese già pagano l’energia più di tutti gli altri in Europa. Persino della martoriata Ucraina. In Ue quasi nessuno paga più di noi, nemmeno Kiev. Peggio di così, ci sarebbe solo da scavare. Anzi da trivellare. Unimpresa, intanto, riferisce che poco meno del 5% del gas importato da noi arriva da Mosca. L’Algeria è il nostro primo fornitore con 25,5 miliardi di metri cubi. Poi c’è l’Azerbaigian con dieci. Gli americani, a cui come ha già detto il ministro Pichetto qualche mese fa dovremmo approvvigionarci molto di più, già ci offrono 5,3 miliardi di gnl.
La doppia chance di Ursula
Ma la giornata gloriosa degli annunci Ue non è mica finita così. Dopo lo schiaffo della Bce, Von der Leyen annuncia due soluzioni per Kiev. Un prestito garantito dal bilancio dell’Ue o una soluzione basata sulla liquidità derivante dagli asset russi. In ballo 90 miliardi di euro, il fabbisogno di due anni per l’Ucraina, dice la presidente. L’insolitamente generosissimo Dombrovskis ha detto poi che gli asset russi in Europa valgono fino a 210 miliardi. Che potrebbero essere dirottati all’Ucraina. Ma non in un’unica tranche ma sarà liquidata dall’Ue a rate “strutturate per rispondere alle mutevoli esigenze” di Kiev.
Più garanzie dall’Ucraina
Che, però, qualche soddisfazione a Bruxelles dovrà pur darla: “Le proposte sono supportate dal rispetto da parte dell’Ucraina di prerequisiti essenziali per ricevere il sostegno. Tra questi rientrano il rispetto dei meccanismi democratici, dei diritti umani e dello Stato di diritto, inclusa la lotta alla corruzione”. Mai più water d’oro, dunque. Von der Leyen gioca da grande: “Possiamo dotare l’Ucraina dei mezzi per difendersi e, cosa ancora più importante, dei mezzi per guidare i negoziati di pace da una posizione di forza”. Putin si faccia bene i conti. “Il messaggio alla Russia è che il prestito di riparazione o il prestito dell’Ue, una delle due soluzioni, sta aumentando il costo della guerra per la Russia e ciò invita Mosca a sedersi al tavolo dei negoziati per arrivare finalmente alla pace”. L’Ue avvisa il Cremlino: non molla Kiev a nessun costo.