Attualità

La bomba Caffaro sulle elezioni La fuga di Todisco

di Ivano Tolettini -


La Caffaro Brescia, controllata dall’imprenditore Antonio Donato Todisco, ieri nel tardo pomeriggio ha confermato il licenziamento dei lavoratori. Ha consegnato le lettere ai primi due dipendenti. E subito Filctem Cgil e Femca Cisl hanno annunciato lo sciopero. “Responsabilmente garantiamo il presidio di emergenza nel sito – afferma la segretaria generale Filctem, Patrizia Moneghini – perché l’azienda intende licenziare tutti”. È ulteriore benzina sul fuoco delle polemiche a due settimane dal voto. La scelta della società in liquidazione non può essere casuale. Con il centrodestra che vuole riconquistare Brescia con Fabio Rolfi, il quale attacca Laura Castelletti anche sulla gestione del disastro del sito chimico di interesse nazionale Caffaro da parte dell’amministrazione uscente di Emilio Del Bono (Pd). Il vasto inquinamento su un’area di 262 ettari nel cuore del capoluogo, che interessa la falda sottostante per 2.109 ettari, condiziona da oltre vent’anni le sorti ambientali della città. Nonostante le difficoltà oggettive fin qui riscontrate, l’assessore regionale Giorgio Maione è ottimista. È uno dei pochi, visto che parla di “accelerazione importante su Caffaro Brescia”, data la situazione molto complicata sotto il profilo della salute, per le dimensioni della contaminazione, e sotto quello giudiziario, con l’udienza preliminare per i dieci imputati alle porte. Tra due settimane si vota il nuovo sindaco e la gestione del sistema antinquinamento del sito è tornata di stringente attualità dopo che l’azienda “Caffaro Brescia srl” in liquidazione che dal 2014 fa capo all’industriale chimico Todisco (nella foto) ha annunciato di togliere le ancore. L’ha fatto perché è scaduto il contratto d’affitto d’azienda firmato nel 2011 con la “Caffaro srl”, rappresentata dal commissario straordinario Marco Cappelletto pure lui imputato, e gli oneri per la gestione della barriera idraulica “Mise” sono troppo alti – 250 mila euro di sole spese per l’energia elettrica al mese -, cosicché ha avviato la procedura di licenziamento collettivo dei 9 dipendenti, e la Regione col presidente Attilio Fontana è scesa in campo. Venerdì scorso c’è stato l’incontro all’Ufficio territoriale regionale di Brescia cui hanno partecipato oltre all’assessore lombardo all’Ambiente, appunto Maione, il commissario straordinario all’Ambiente, Mario Nova, i rappresentanti del Comune del capoluogo e di Passirano, della Provincia, di Ats Brescia, di Arpa Lombardia e del ministero dell’Ambiente. “Dal momento del mio insediamento ho subito preso in carico la situazione della Caffaro – spiega ai cronisti Maione – Abbiamo raggiunto due risultati importanti grazie alle garanzie ottenute dal ministero e all’ottimo lavoro di squadra tra Regione, commissario, ministero e territorio. In prima battuta la garanzia del bando per la prima fase di bonifica, che verrà pubblicato entro giugno, e il reperimento di ulteriori 16 milioni di euro del Mef”. L’assessore ha assicurato che proseguirà l’attività di pompaggio dell’acqua della falda per impedire che entri in contatto con il terreno contaminato da un sacco di veleni chimici su cui sorge lo stabilimento. Tra l’altro, Caffaro Brescia deve completare i lavori della barriera idraulica come da accordi con la Procura della Repubblica lo scorso novembre quando venne rinviata al 13 giugno prossimo l’udienza preliminare. L’assessore Maione ha aggiunto che in base agli ultimi rilevamenti di Arpa “non ci sono ulteriori sorgenti di inquinamento, quello che si conosce è stabilizzato”. Resta il fatto che il caso del gravissimo inquinamento da policlorobifenili (Pcb), mercurio, arsenico e policlorobenzodiossine (Pcdd/f) è esploso nel 2001 dopo un’inchiesta giornalistica. Più di vent’anni dopo il quadro del disastro secolare è peggiorato, come sostiene la procura della Repubblica, perché la gestione della fabbrica dal 2011 da parte della New Co Brescia spa, amministrata da Donato Todisco e controllata dalla Caffaro Finanziaria – dal novembre 2014 Caffaro Brescia srl – avrebbe aggravato l’inquinamento con l’aumento dei valori del cromo-esavalente e del mercurio nella falda sottostante lo stabilimento, oltre alla presenza del “clorato” che prima del 2011 mai era stata riscontrata oltre i parametri. Per questo a Todisco e i suoi manager è contestato il disastro ambientale. Tra l’altro, fin dal 2008 il 67enne Todisco, proprietario di 1,6 milioni di azioni, in cordata con Francesco e Giuseppe Bertolini, Eros Titi e Lando Franchi, aveva cercato, senza riuscirci, di entrare nel Cda di Snia spa, che controllava la Caffaro. Tre anni dopo la rilevava.

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