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Giustizia

La Fondazione Einaudi per il Sì al referendum sulla Giustizia. Intervista al Presidente Benedetto

di Giuseppe Ariola -


La Fondazione Luigi Einaudi scende in campo in vista del referendum sulla riforma della giustizia. E lo fa in prima linea, avendo promosso il comitato SìSepara, già attivissimo nella campagna che porterà alla consultazione popolare della prossima primavera. A spiegare i motivi dell’impegno della Fondazione e i motivi per dire Sì al referendum è il suo presidente, Giuseppe Benedetto.

Come mai il forte impegno della Fondazione Einaudi sul referendum?

“Beh, la storia è antica. Ha a che vedere con quella del garantismo, della democrazia liberale, del rispetto della democrazia parlamentare. Peraltro, negli ultimi dieci anni ci siamo occupati di separazione delle carriere. Da quattro anni giro l’Italia con il mio libro ‘Non diamoci del tu’ dedicato proprio alla separazione delle carriere. Dunque, per un liberale la separazione delle carriere è l’acqua in cui nuota agevolmente”.

Il comitato SìSepara sembra avere un approccio politicamente assolutamente trasversale.

“E lo è. Abbiamo intellettuali che fanno riferimento a culture politiche differenti, di destra e di sinistra. Non abbiamo voluto nessun politico militante, ad esempio non c’è nessun parlamentare, proprio per favorire questa trasversalità. Per tanti aspetti riteniamo importante parlare al popolo della sinistra. Dunque, la credibilità di una fondazione terza, come la Fondazione Einaudi credo che possa aiutare al referendum. Perché al popolo della sinistra? Perché crediamo che quello della destra sia già motivato a sufficienza. Tutti i partiti che fanno capo al centrodestra hanno già dato la loro adesione e hanno votato a favore della riforma in Parlamento. Mentre a sinistra notiamo delle crepe nelle quali vogliamo infilarci. Poi se queste crepe, che sono le benvenute e si chiamano Pina Picierno, Cesare Salvi, Luigi Manconi, Claudio Petruccioli e via dicendo, ci fa enormemente piacere valorizzarle vista la loro caratura”.

Non stona un po’ la posizione del PD che fino a poco fa sembrava fosse favorevole alla separazione delle carriere e invece adesso ha stravolto completamente la narrazione?

“Poco tempo fa, ho richiamato la mozione Martina presentata a un congresso del Pd abbastanza recente che prevedeva proprio la separazione delle carriere. Quella mozione ha preso oltre il 30% dei voti e fu firmata dalla Serracchiani, oggi responsabile giustizia del partito, dallo stesso Martina e da altri esponenti di primo piano del Pd. Oggi hanno cambiato tutti idea? Non credo. Credo facciano prevalere tutti un posizionamento partitico rispetto a un ideale politico che invece andrebbe difeso e valorizzato”.

Sul fronte opposto al vostro si tira in ballo l’indipendenza della magistratura che, si dice, sarebbe compromessa.

“Credo che questa polemica da parte dell’Anm con il tempo vada scemando. Sa perché? Noi abbiamo già detto loro ‘Vi diremo e vi ripeteremo per 104 volte che cos’è l’articolo 104 della Costituzione’. Il nuovo articolo 104 della Costituzione non cambia di una virgola il principio dell’indipendenza del giudice e del pm. Anzi per certi aspetti li rafforza. L’indipendenza sarà assoluta, lo prevede la Costituzione. Cosa pensano? Che ci sarà un’altra riforma della Costituzione? Se per fare questa sono passati 30 anni, per fare una riforma che sottoponga il pubblico ministero all’esecutivo ne passeranno almeno altri 30. Queste sono polemiche tirate giù ad arte che lasciano il tempo che trovano”.

La minaccia più incombente sulla campagna referendaria sembra quella che si dicano un bel po’ di frottole. Avete questo timore?

“E’ inutile andare a inventarsi dei fantocci polemici, confrontiamoci sulle cose concrete. L’indipendenza, il sorteggio, l’alta corte disciplinare e le tante altre questioni che la riforma porta in primo piano. Io sono pronto, noi siamo pronti – lo stiamo già facendo -, a confrontarci, con l’Anm e con chiunque lo ritenga opportuno sul fronte del No. Le polemiche lasciamole perdere. L’auspicio è quello che non si politicizzi il referendum, che non diventi un referendum dei partiti, sul governo o sulla maggioranza. Capisco che c’è chi ha interesse a farlo diventare un referendum sulla maggioranza, ma noi ci batteremo contro questo. In primavera, quando saremo chiamati a votare, non voteremo né la maggioranza né l’opposizione. Voteremo per chi vuole carriere separate e dunque giudici e pm che svolgono ognuno la propria funzione nella distinzione dei ruoli, come avviene in tutta Europa. Chi vuole che le cose sulla giustizia restino così come sono voterà No, chi vuole il cambiamento voterà Sì”.


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