Politica

La Lega rilancia ma La Russa e FI netti “No al terzo mandato”

di Ivano Tolettini -


Non è ancora cominciata ufficialmente, ma la campagna elettorale per le regionali in Veneto è già nel vivo. Tutto ruota attorno all’incognita pesante: Luca Zaia potrà correre ancora? La risposta, a oggi, è no. La legge lo impedisce. Ma la Lega insiste, tenta il colpo di coda con un emendamento al disegno di legge sull’adeguamento del numero di consiglieri e assessori regionali. Una mossa che sa di sfida politica, più che di reale possibilità normativa. L’emendamento – presentato in Commissione Affari costituzionali del Senato dal leghista Paolo Tosato — propone di modificare la legge 165 del 2004, sostituendo la dicitura “secondo mandato” con “terzo mandato”. Una forzatura evidente, che ha riacceso il confronto soprattutto tra i partiti di maggioranza.

Il primo a mettere uno stop netto è stato il presidente del Senato, Ignazio La Russa. «Il terzo mandato? È tramontato», ha detto ai cronisti. Poi, con l’ironia che lo contraddistingue, ha aggiunto: «Non so se sia un tramonto o un’eclissi». Parole che pesano come pietre, perché indicano la chiusura di FdI sul tema e perché provengono dalla seconda carica dello Stato. Lo spazio politico per modificare la legge è finito. Ma la Lega non molla. Per Matteo Salvini il Veneto è uno dei fortini da difendere a ogni costo. Perché Zaia è ancora il volto più popolare e rassicurante del Carroccio. Un sondaggio dopo l’altro lo conferma in cima alle preferenze, persino oltre i confini veneti. Ed è per questo che l’emendamento non è solo una provocazione: è l’estremo tentativo di blindare un consenso costruito in quindici anni.

Se però la strada del terzo mandato dovesse chiudersi definitivamente – come tutto lascia intendere – il centrodestra dovrà affrontare il nodo cruciale della successione. E qui iniziano le frizioni. La Lega si guarda attorno, ma senza dare segnali chiari. Il nome più gettonato è quello di Alberto Stefani, parlamentare e segretario veneto. Ma non è l’unico. Circola con insistenza anche quello di Elisa De Berti, veronese, vicepresidente della Regione, già in pole nel 2020. Zaia osserva e ripete: “Mi spiace solamente che ci possa essere qualcuno che voglia togliere ai veneti la possibilità di scegliersi il nuovo governatore. Se sarà così vorrà dire che io sarò l’unico che non potrà candidarsi in Veneto”. Potrebbe cercare un posizionamento nazionale, o magari giocare la partita da kingmaker.

Difficile, però, che accetti passivamente una designazione calata dall’alto. Il suo peso resta decisivo, anche fuori da Palazzo Balbi. Chi, nel frattempo, si muove con più decisione è Forza Italia. Il coordinatore regionale, Flavio Tosi, ha avviato un primo giro di consultazioni e non ha escluso una candidatura azzurra autonoma. “Siamo pronti a farci valere”, ha ribadito. E in un’intervista al ha criticato duramente l’ipotesi del terzo mandato, definendola “quasi monarchica”. Tosi, ex sindaco di Verona, conosce i meccanismi del consenso e sa che in caso di caos nella Lega potrebbe tornare in partita. A Roma, intanto, FI ha già chiarito la sua linea: “Voteremo contro l’emendamento della Lega”, ha ribadito il portavoce Raffaele Nevi. Nel vuoto lasciato dalla Lega, e nel protagonismo azzurro, Fratelli d’Italia si muove con metodo.

È il primo partito nazionale e punta a pesare di più in Veneto forte di un consenso attorno al 38%. Il coordinatore regionale, Luca De Carlo, lavora a una candidatura “forte e condivisa”. In tandem con il senatore Raffaele Speranzon, sta costruendo una rete capillare tra sindaci e amministratori. “Non lavoriamo contro nessuno – ha spiegato De Carlo – ma vogliamo una candidatura che rispecchi il peso del nostro partito”. Il messaggio è chiaro: FdI non si accontenterà di fare da comprimario. E nel caso la Lega dovesse arrivare spaccata all’appuntamento elettorale, Meloni potrebbe rivendicare il diritto di indicare il candidato governatore.

Dentro la Lega la linea non è granitica. Massimiliano Fedriga, presidente del Friuli Venezia Giulia e della Conferenza delle Regioni, ha lanciato un messaggio sottile ma incisivo: «Vorrei vincere confrontandomi con l’avversario, non eliminandolo per legge». È un’apertura al terzo mandato, ma anche un avvertimento ai suoi: la maggioranza si assuma la responsabilità di una scelta chiara. Il dopo-Zaia si annuncia come una corsa in salita. E intanto, mentre la Lega tiene acceso il fuoco del terzo mandato, La Russa ha spento la miccia: «È tramontato». Lo sarà davvero? O si tratta dell’ennesima eclissi che, tra le pieghe della politica romana, potrebbe ancora tornare a illuminare il cielo del Veneto? La risposta arriverà presto. Già entro metà luglio il centrodestra dovrà smettere di tergiversare e scegliere. Con o senza Zaia. La parola di Giorgia Meloni sarà decisiva.


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