La Toscana resta al centrosinistra: Schlein blinda la roccaforte rossa
La Toscana resta dov’era. Eugenio Giani vince con il 54% e regala al centrosinistra una delle poche certezze in un panorama politico attraversato da tensioni e rimescolamenti. Non solo un risultato amministrativo, ma un segnale politico forte: la tenuta del “campo largo”, nella sua versione più realistica e meno ideologica, funziona ancora quando le alleanze si costruiscono su base territoriale, con candidati radicati e reti locali solide.
Il Partito democratico torna a respirare: 35,4%, in crescita rispetto alle Europee e con un differenziale positivo che restituisce centralità al partito e alla sua segretaria, Elly Schlein. Giani ha intercettato anche l’elettorato moderato, quello civico e di sinistra riformista, che non si riconosce più né nel populismo né nella rabbia del voto di protesta. La lista “Eugenio Giani Presidente – Casa Riformista” sfiora il 9%, segno che la dimensione amministrativa, il civismo e la credibilità personale pesano più dei simboli.
Sul fronte ecologista e progressista, Alleanza Verdi e Sinistra tiene (6,6%), mentre il Movimento 5 Stelle si ferma al 4,4%, incapace di superare la soglia di rilevanza regionale. L’effetto Schlein, dunque, non è mediatico ma territoriale: il Pd torna a essere forza trainante di coalizione, e gli alleati minori accettano una subalternità di fatto che, finché porta risultati, non pesa.
Nel campo opposto, la partita si è chiusa prima ancora di aprirsi. Alessandro Tomasi, candidato civico del centrodestra, si ferma al 41%. Fratelli d’Italia cresce molto, al 26,7% (era al 13% cinque anni fa), ma è un incremento che non compensa il crollo della Lega, precipitata dal 21% al 4,6%.
È la conferma che la parabola salviniana è in caduta libera anche nei territori dove il partito aveva sfondato culturalmente, penetrando nel voto operaio e nei distretti produttivi. Il “regno di Vannacci” — come lo chiamano i suoi sostenitori più radicali — si dissolve nell’indifferenza: il generale non trascina, anzi, divide.
Il centrodestra paga anche una struttura di coalizione ormai stanca. Forza Italia e Udc si fermano al 6,1%, i civici al 2,3% e i moderati appena sopra l’1%. Un mosaico disarticolato che conferma come la leadership meloniana, pur fortissima a livello nazionale, fatichi a trasmettere un’identità coerente nei territori governati dal pragmatismo.
In Toscana, più che altrove, il linguaggio sovranista non attecchisce: l’elettorato guarda alla competenza, non alla propaganda.
La sinistra radicale di Antonella Bundu, con il suo 5,1%, occupa uno spazio simbolico ma non determinante: la spinta identitaria resta minoritaria, anche se contribuisce alla mobilitazione cittadina.
La lezione politica è chiara. In Toscana, il “campo largo” non è un’utopia: è un meccanismo elettorale efficace, capace di contenere l’erosione interna e contrastare la destra quando la leadership è riconosciuta e i confini della coalizione sono chiari. Per Elly Schlein, che esce rafforzata da questo voto e che può essere legittimamente soddisfatta, il messaggio è duplice: consolidare i governi regionali dove la sinistra amministra e, al contempo, usare la formula toscana come prototipo per le prossime sfide in Puglia e Campania.
Ma il salto di qualità dovrà farlo a livello nazionale se vorrà essere un’avversaria credibile per Giorgia Meloni.
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