Economia

La vice Ue Verstager verso la Bei, perfino von der Leyen chiede cautela

di Cristiana Flaminio -

Margrethe Vestager and Ursula von der Leyen


Porte girevolissime, al Grand Hotel Ue. Margrethe Vestager, vice presidente della Commissione, mette in imbarazzo il suo capo, Ursula von der Leyen, proponendosi alla guida della Bei, la banca europea degli investimenti. La candidatura di Vestager rischia di sollevare un polverone politico, l’ennesimo, sulle istituzioni comunitarie. La Bei, infatti, rappresenta la cassaforte dell’Unione europea, il soggetto finanziatore di piani e progetti comunitari. Se la Commissione è il braccio politico, la banca degli investimenti rappresenta la capiente tasca a cui attinge. Per arrivarci, però, Vestager dovrà convincere i ministri dell’Economia e delle finanze dei singoli Paesi membri, che sono azionisti della Bei. Dal momento che la politica danese, oltre alla vicepresidenza della Commissione, riveste anche la delega alla digitalizzazione che è uno dei campi d’azione e d’investimento più “ricchi”. Il potenziale conflitto d’interessi in vista del “passaggio” alla Bei appare più che palese. Va da sé che lasciare la prima per approdare alla seconda, magari nella speranza di un mandato lungo (sei anni, nella speranza di un bis, come il presidente uscente Werner Hoyer, che lascerà la carica, assunta nel 2012, a ottobre ’24) fa sorgere tanti, troppi, dubbi sull’opportunità, non solo politica, dell’elezione della Verstager.
Dubbi che attanagliano anche Ursula von der Leyen che, l’altra sera, ha chiesto cautela alla sua vice. Anzi, per dirla con l’anglo-latinorum di moda nelle stanze del potere sovranazionale, ha emesso il suo “caveat”. Con un pizzico di populismo, ha condito le sue timide e doverose puntualizzazioni con la richiesta a Vestager di prendersi un po’ di congedo e, soprattutto, di non intascare lo stipendio garantitole dal suo ruolo attuale in commissione. Ha scritto alla sua vice una lettera in cui la invita a mettere in campo una serie di cautele per evitare conflitti di interesse. Ossia “precisare che cosa ti richiederà concretamente il processo elettorale, in termini di incontri informali con eventuali membri dei governi degli Stati membri o eventuali necessità di apparire davanti agli organi della Bei o in pubblico”; e ancora “confermare la tua piena disponibilità per gli incarichi di vicepresidente esecutiva della Commissione e la priorità che devi accordare alle tue funzioni all’interno della Commissione”. Quindi “confermare che non utilizzerai le risorse umane o materiali della Commissione per le esigenze della tua candidatura informale, né parteciperai al processo decisionale della Commissione su qualsiasi argomento che coinvolga la Bei, in particolare nel contesto dell’attuazione dei programmi dell’Ue”. Infine “vigilare a evitare ogni possibile situazione di conflitto di interessi che possa sorgere in relazione ai rapporti istituzionali e ai dossier di cui sei responsabile”. “A questo proposito – puntualizza von der Leyen -, seguirai la procedura prevista dall’articolo 4 del Codice di Condotta, qualora si verifichi una situazione particolare che possa dar luogo a un conflitto di interessi, o che possa ragionevolmente essere percepita come tale, in relazione alla tua candidatura informale”. Infine le impone di “prendere un congedo non retribuito al più tardi dopo l’invio della tua candidatura ai Governatori della Bei, e previo parere del Comitato consultivo per le nomine della Bei”.
Per ottenere la presidenza Bei, Vestager dovrà convincere i membri del consiglio dei governatori. Ossia i ministri delle Finanze dei Paesi membri, azionisti della Bei in ragione ciascuno del peso all’interno dell’economia Ue. L’Italia, per esempio, è la maggiore azionista insieme a Francia e Germania. Le chance che la vicepresidente danese diventi la custode della cassaforte Ue non sono così peregrine. Certo, c’è da vincere la concorrenza della Spagna, quarto azionista dopo Berlino, Parigi e Roma. Ma la candidatura, in sé, appare a dir poco un passo azzardato, quasi al limite della gaffe per l’Unione europea di Ursula von der Leyen, già “rimpicciolita” dal flop sui regolamenti green che hanno, di fatto, sancito l’alleanza tra Ppe e Conservatori. Che ambisce a rottamare la grosse koalitionen che, attualmente, regge politicamente la Commissione. Insomma, l’exit strategy della Vestager affonda, di fatto, le ultime chance di un bis per von der Leyen.


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