Editoriale

La volpe e l’Iva

di Tommaso Cerno -


di TOMMASO CERNO

Come in un labirinto di Escher il governo deve chiudere una manovra dove una parte delle entrate sono direttamente a carico dei cittadini, che con l’incremento delle uscite hanno il diritto di vedersi recapitare qualcosa in cambio. L’Iva che arriva allo Stato a causa dell’inflazione è sensibilmente più elevata di quanto sarebbe stata in tempi di prezzi normali.

Se il premier Giorgia Meloni potrebbe essere tacciata di ipocrisia se pretendesse di restituire in qualche modo quel denaro, ha il compito ben più difficile di chi guida un Paese di trovare un’assegnazione di bilancio capace di incidere sulle dinamiche entropiche del lavoro e quindi dei salari per poter dire agli italiani che pur in tempo di vacche magre, viene quasi da dire rachitiche, quell’investimento obbligato che milioni di cittadini ogni giorno fanno dal supermercato al bar, fino al negozio di fronte casa avrà un peso e un ruolo nella costruzione di un migliore sistema Paese che potrà quindi generale un effetto virtuoso per tutti. Abbiamo visto già iniziare la guerra politica sulla manovra. Tutto come al solito.

Il partito di maggioranza relativa detta la linea e definisce una strategia, gli alleati fanno le bizze e cercano di porre questioni fondanti per dire al Paese che senza di loro le cose andrebbero male, l’opposizione fa il suo mestiere e dice si stava meglio quando si stava peggio. Ma il problema del Paese non può essere riflettersi nella sua classe politica. Dobbiamo provare, se vogliamo davvero poter dare un giudizio su questo esecutivo alla vigilia della campagna elettorale per le europee, a porci delle priorità e degli obiettivi e a verificare se nei prossimi sei mesi le strategie che ci verranno elencate come vincenti e denunciate come grandiose da chi comanda e che saranno invece definite deleterie, un passo indietro, un ritorno al passato, una sciagura da chi sta dall’altra parte del Parlamento, faranno almeno un passo nella direzione prefissata oppure come una vite spanata gireranno a vuoto.

Sappiamo tutti che con i soldi che abbiamo e il debito che ci ritroviamo servirebbe una manovra da 200 miliardi perché si percepisce a tutti i livelli del Paese, e a tutte le classi sociali, un minimo di movimentazione dell’economia reale. Abbiamo poco più di un decimo di quella cifra, conta molto quindi la prospettiva etica in cui si metterà il governo, ma conta anche il contributo di idee e di dialettica che sarà in grado di portare l’opposizione nell’interesse generale. È ovvio che se il Paese, che è il vero obiettivo finale di ogni politica di governo, sceglierà anche stavolta la strada del tifo e dei fischi sarà molto difficile per noi verificare se dietro il programma del centrodestra, pure riveduto e corretto dalle necessità internazionali e nazionali di chi siede al governo di un Paese dell’Unione Europea, c’è qualcosa che davvero funziona e migliora la nostra vita quotidiana.

La gara sarà a chi è più furbo, noi non dobbiamo cascarci. Non dobbiamo trovarci lettori inconsapevoli della nuova favola dell’Esopo moderno che avrebbe come titolo “La volpe e l’Iva”, cioè l’enunciazione intelligente di grandi proclami a cui risponde una posizione che grida no in massa, tenuta in piedi dal costo quotidiano della vita che sale ogni giorno in virtù di una situazione internazionale molto più complicata di quanto ci è stato raccontato dall’inizio della guerra, ma potremmo dire dall’inizio della pandemia. In fondo è compito anche dell’elettorato non andare al voto ogni 5 anni, ma provare a determinare con la propria consapevolezza e l’esigenza di un’informazione libera le scelte durante il tragitto. Scelte che coinvolgono direttamente Giorgia Meloni, ma che chiedono un impegno profondo e virtuoso anche da parte dei partiti che non siedono al governo in questa fase.

E invece come sempre nell’Italia dei tre bussolotti sembra quasi che il compito di ragionare sia demandato a un’entità politica ancora inesistente, quel Terzo Polo che si avvia sull’idea di sostenere il governo quando lo ritiene. E’ talmente distante il Paese reale dall’efficacia o dall’inefficacia dei provvedimenti di chi lo guida da demandare al programma politico quello che in qualunque Paese normale e democratico è l’atteggiamento costante di ogni elettore. In particolare di chi ha scelto questo governo e che oggi ha il compito di impedire sia che il messaggio elettorale venga travisato dall’utilitarismo del momento ma anche quello di verificare in che mani è stata apposta la sua fiducia. Uscendo per primo proprio in virtù della responsabilità che si è assunto dal compito facile molto italiano di dire sempre bianco può rispondere sempre nero.


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