Ambiente

L’Australia e il grande ritorno dei cavallucci marini

di Giada Balloch -


Una nuova speranza per la rinascita dei mari: i cavallucci ritornano numerosi a popolare Sydney e l’Australia. Rilasciati 380 esemplari. I nuovi hotel sottomarino li ospitano. In un evento storico per la conservazione marina, l’Australia ha assistito al più grande rilascio di cavallucci marini al mondo. Questo notevole traguardo è stato raggiunto grazie agli sforzi congiunti di ricercatori e organizzazioni ambientaliste.

Il Sydney Institute of Marine Science e l’University of Technology si sono impegnate nella tutela di questa specie vulnerabile. Nota per la sua delicata bellezza e il ruolo cruciale che svolge nell’ecosistema marino, il cavalluccio marino è una specie endemica, ovvero presente solo in alcune specifiche regioni. Scientificamente conosciuto come l’Hippocampus whitei, o White, è una specie caratterizzata dalla sua colorazione bianca brillante e dal corpo slanciato. Sono un simbolo di fragilità degli ecosistemi marini. Si cibano di piccoli organismi come il plankton e vivono vicino alle coste, dove si fermano vicino alle mangrovie, le alghe e le praterie marine di piante vascolari chiamate fanerogame. Il cambiamento climatico, l’inquinamento e l’eccessiva pesca, hanno portato alla perdita dell’ambiente ideale alla loro sopravvivenza, portanti il loro numero a diminuire drasticamente negli ultimi decenni.

L’Australia e la cura per i cavallucci marini

Per arrivare a popolarle nuovamente, alcune di queste affascinanti creature sono state catturate e preservate in cattività. Sono bastati 3 maschi con in grembo più di 100 piccoli ciascuno, a far rifiorire l’habitat delle acque australiane. Sono stati aiutati dagli scienziati che hanno deciso di intromettersi nel processo naturale della loro crescita con lo scopo di facilitarlo e aumentarne la distribuzione. Vengono chiamati “Seahorse Hotel” le strutture in metallo biodegradabile appositamente create sotto la superficie del porto di Sydney per ospitare i nuovi animali. Con il passare del tempo, il metallo infatti dovrebbe rompersi e scomparire non completamente, lasciando una barriera corallina simile a quelle in natura a cui i cavallucci si possono appoggiare. Quest’area protetta offre un ambiente idoneo per la sopravvivenza della specie, con acque cristalline e ricche di risorse alimentari, essendo vicino alla costa. C’è tuttavia chi si oppone fermamente alla scelta di crescere questi animali in cattività per poi restituirli alle acque, sostenendo che le future ripercussioni sulla loro sopravvivenza saranno ancora più devastanti di quelle che già stanno subendo. L’impossibilità di restare in vita senza una mano artificiale è la preoccupazione più emergente. I risultati precedenti sono in disaccordo.

“Un segnale positivo” per una specie critica

Nel 2020 le analisi ricavate da un rilascio nella baia di Chodwer Bay hanno rivelato che 10% si è riprodotto in natura mentre il 20% popolazione liberata è rimasta all’interno delle gabbie. “Si tratta di un segnale davvero positivo”, ha annunciato Mitchell Brennan, il manager del progetto chiamato Sydney Seahorse Project. A dimostrarlo i molti giornalisti, esperti e amanti della fauna marina presenti per celebrare questo importante passo avanti nella salvaguardia della biodiversità australiana. “Abbiamo assistito a drammatiche perdite di popolazione, il che significa che dobbiamo agire ora per aiutare questi animali a sopravvivere in futuro”. Ogni esemplare rilasciato è inoltre monitorato grazie a delle speciali tag, simili a dei tatuaggi sotto la livrea, per raccogliere dati sulla loro nuova vita nell’anno successivo. L’Australia è stata sempre all’avanguardia nella conservazione e questo successo ha rafforzato la sua posizione di leader mondiale nella lotta contro l’estinzione delle specie a rischio. Il governo australiano ha promesso di continuare a sostenere progetti volti alla protezione marina simili e di adottare misure a lungo termine per preservare gli habitat critici per la fauna. Un importante passo avanti per la bellezza unica degli oceani, che sottolinea ancora una volta l’importanza della cooperazione tra scienziati, governi e cittadini per proteggere il nostro prezioso patrimonio naturale.


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