Esteri

L’autodifesa Ue contro le teorie del complotto e i complottisti

di Redazione -


di FRANCESCO CARRARO
È difficile immaginare un argomento, un problema, una questione di cui l’Unione europea non si sia interessata negli anni passati o di cui non abbia intenzione di occuparsi nel prossimo futuro. Quantomeno se pensiamo alla voracità “onnivora” con cui la Ue divora quote di sovranità non ancora abdicate dagli Stati ed esercita ingerenze sulla vita dei cittadini europei. Eppure, pochi oserebbero credere che persino sul tema del complottismo gli organismi comunitari – e segnatamente la Commissione – hanno avuto modo di esercitarsi, in un’ottica “pedagogica”. Lo hanno fatto partorendo una sorta di guida dal titolo “Individuare le teorie del complotto”. Fin dalle prime righe del testo, non è difficile “fiutare” che aria tira. Vi si legge, infatti, che la Ue (in collaborazione con l’Unesco) sta «pubblicando una serie di dieci infografiche didattiche per aiutare i cittadini a individuare, smentire e contrastare le teorie del complotto». L’aspetto più interessante, per non dire divertente, di tutta la faccenda è che – da una lettura del (non breve) paper – emerge un profilo insospettabile di “complottista”. Quest’ultimo, per come è descritto, non sembra affatto il picchiatello paranoico (di solito associato di default all’epiteto in esame), ma semmai l’uomo equilibrato, dotato di senno e di buon senso, e capace di fare uso accorto del proprio pensiero critico. Infatti, secondo il sito della Ue il complottista è colui il quale ingannevolmente suggerisce “che nulla accade per caso e che non esistono coincidenze; nulla è come sembra e tutte le cose sono collegate tra loro”. Ma entrambe queste attitudini sono tutt’altro che “ingannevoli”. Non credere nel caso e nelle coincidenze è uno dei presupposti fondamentali del metodo scientifico e anche di ogni indagine storica. Secondo la Commissione, poi, i complottisti sarebbero caratterizzati dal “dividere il mondo in buoni e cattivi” e dall’individuare “un capro espiatorio in persone e gruppi”. Senonché, entrambe le caratteristiche sono, paradossalmente, rinvenibili proprio in coloro che maggiormente fanno uso, e abuso, del termine “complottista” o “complottismo” al fine di squalificare i dissidenti critici, le posizioni divergenti, i contestatori del Sistema. Insomma, ci troviamo di fronte a un impressionante caso di proiezione freudiana. Proseguendo nell’analisi del documento, è interessante anche il passaggio in cui si cerca di spiegare al lettore come le teorie del complotto prendono piede: “Le teorie del complotto iniziano spesso come sospetto. Ci si chiede a chi giovi l’evento o la situazione e così si individuano i cospiratori”. Ebbene, quanto al fatto di “chiedersi a chi giovi l’evento” (il famoso “cui prodest”), esso non è l’invenzione di qualche infido cospirazionista. Risale addirittura ai tempi di Seneca e sintetizza un metodo di approccio alla ricerca della verità noto anche in ambito giudiziario: “Cui prodest scelus, is fecit” (il delitto l’ha commesso colui al quale esso giova). La verità, in fin dei conti, è che il “complottista” di cui la Commissione europea traccia l’identikit (e da cui ci mette in guardia) somiglia in modo impressionante a un ben preciso “tipo umano”: il soggetto dotato di quella singolare, e meritoria, capacità di cogliere nessi (anche laddove i medesimi non sono visibili) immortalato nel celebre articolo di Pierpaolo Pasolini del 14 novembre 1974, sul Corriere della Sera, dal titolo “Cos’è questo golpe? Io so”: «Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi. Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace, che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero». Duole constatare che – a uno come Pasolini – sarebbe difficile, al giorno d’oggi, sfuggire alle strettissime (e infide) maglie del tazebao anti-complottista dell’Unione europea.


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