Politica

L’INTERVISTA – La rivolta dei trattori, Castelli: “Possibile un fronte politico anti-Pac che si basi su meno Europa e più Equità. Occorre alternativa, M5S e corpi intermedi hanno fallito”

di Edoardo Sirignano -

LAURA CASTELLI POLITICO


“Possibile un movimento anti-Pac che si basi su due principi: meno Europa e più Equità. I corpi intermedi hanno fallito, così come il M5S, incapace di essere alternativa. Adesso ne occorre una competente e in grado di dare risposte. Mai più accordi al ribasso”. A dirlo Laura Castelli, ex viceministro dell’Economia e presidente del partito Sud chiama Nord fondato da Cateno De Luca.

Rispetto alla tanto discussa rivolta dei trattori, come deve comportarsi la politica?

Le richieste degli agricoltori sono precise e probabilmente neanche i politici le conoscono. Su alcuni temi, purtroppo, si è avvertita e non poco la pressione europea. Bisognerebbe rivalutare gli effetti di certe politiche su ambiti cruciali per la nostra economia. Si dovrebbe tornare a battere i pugni in quel di Bruxelles. Non è possibile affamare il mondo dell’agricoltura e degli allevatori. Altrimenti il piatto resta vuoto. Il futuro non è agevolare qualche potentato o multinazionale.

Potrebbe nascere un movimento anti-Pac?

È già nato il movimento anti-Pac. È costituito da chi non si sente rappresentato da corpi intermedi, che, mai come questa volta, non hanno funzionato. Il fronte anti Pac è forte e non escludo che intorno a esso possa nascere una lista o un cantiere politico.

La protesta, ad esempio, potrebbe mettere insieme quelle forze antisistema che, negli ultimi anni, hanno avuto non poche difficoltà a ritrovarsi?

Non è la prima volta che persone, con idee diverse, si ritrovano. Penso a chi si è trovato a lottare per la Bolkestein, per i balneari o per gli ambulanti, su cui chi è al governo del Paese non ha speso una parola.

Il suo M5S si era candidato come alternativa. Perché ha fallito, come nel caso degli agricoltori?

Alcuni ex colleghi 5 Stelle non hanno votato la Pac (Politica Agricola Comune), perché in disaccordo con chi, a livello nazionale, la sottoscriveva. Non possiamo, comunque, uccidere un Paese perché vengono a mancare le dovute interlocuzioni.

Un polo centrista forte potrebbe essere la terza strada da contrapporre al bipolarismo destra-sinistra?

Occorre un’alternativa competente, che entri nel merito delle questioni e sappia trovare soluzioni. Sud chiama Nord propone nel suo progetto esperienze che consentano scelte coraggiose, ma corrette per la gente. Questa maggioranza non può continuare ad aumentare le tasse, senza che i cittadini ne comprendano il perché. C’è, poi, il problema delle promesse non mantenute, così come il malcontento venutosi a creare in categorie, stanche di essere penalizzate senza ricevere spiegazioni.

Sud Chiama Nord correrà da solo alle europee?

Qualche giorno fa Cateno De Luca ha lanciato un appello ai mondi che la pensano come noi. Oggi, come non mai, considerando il momento difficile, è fondamentale tentare convergenze. Ecco perché abbiamo provato a dialogare con chi riteniamo responsabile. Detto ciò, se il nostro appello sarà rispedito al mittente andremo avanti lo stesso. Non possiamo fermarci. In un contesto in cui gli agricoltori scendono in piazza è plastica la necessità di mandare a Bruxelles persone, che insieme ai loro rappresentati nazionali, possano dirigere al meglio le normative europee e combattere quelle ingiuste.

Si vocifera di un accordo con Calenda. È più di una semplice suggestione?

Con Azione c’è stato un confronto. Da tempo abbiamo chiesto loro risposte. Siamo, però, stanchi di attendere, così come riteniamo che su qualche tema la distanza sia incolmabile. Azione, ad esempio, ha votato la Pac. Sull’autonomia, tema che ci sta a cuore, invece, si è astenuto. La Gelmini ha votato addirittura a favore.

Non c’è il rischio di ripetere l’errore commesso da Di Maio, caduto alle politiche nel trappolone di Tabacci?

Se domani Calenda condannasse la Pac o si confermasse contrario all’autonomia, abbiamo il dovere di provare una strada insieme. Si chiama responsabilità.

Siete disponibili pure a un accordo con Renzi?

Lui ha fatto le sue scelte, incompatibili con le nostre.

È possibile, invece, un esecutivo basato sul modello Draghi, di cui è stata indiscussa protagonista?

Ho cercato di svolgere sempre al meglio il mio compito al governo. Il fatto che si torni a parlare di quell’esperienza vuol dire che oggi questo governo ha fallito. La gente, che ha dato credito a chi diceva che avrebbe fatto un blocco navale o azzerato le tasse, ha capito di aver sbagliato. Togliere l’agevolazione all’Irpef per gli agricoltori è un atto di follia. Continuiamo, d’altronde, a indebitarci per non fare Pil.


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