Politica

MARGHERITA BONIVER: “Craxi fu un vero leader. Con lui l’Italia diventò la sesta potenza industriale”

di Ivano Tolettini -


“Bettino Craxi va ricordato innanzitutto come un grande socialista, poi come un grande uomo di Stato e un grande patriota. Egli ha rinnovato profondamente il partito socialista per tutta la durata della sua segreteria, dal 1976 al 1993, che non ha subito stranamente scissioni, una malattia perdurante per tutto il Novecento. E sa perché? Per la sua bravura e carisma, perché era profondamente democratico”. Margherita Boniver, figura di primo piano dei socialisti al potere, più volte ministra (agli Esteri e al Turismo), parlamentare anche della Seconda Repubblica e sottosegretaria agli Esteri dal 2001 al 2006 nei governi Berlusconi II° e III°, tratteggia la figura politica più controversa della Prima Repubblica come il leader morto ad Hammamet il 19 gennaio 2000 a 66 anni non ancora compiuti, inseguito dagli ordini di cattura di Tangentopoli. Boniver, presidente della Fondazione Bettino Craxi, lo fa nel giorno in cui nella sala Koch del Senato presiede l’incontro su “Craxi: oltre la destra e la sinistra?”.
Ma il suo decisionismo, presidente, il craxismo, era inviso a parte dell’opinione pubblica.
È ridicolo quando veniva descritto come un autocrate, una figura quasi dittatoriale, perché il dibattito nel Psi era profondo, ricco di contenuti e variegato. I congressi erano reali, si di batteva sulle diverse tesi anche dall’opposizione interna e dalla base.
Parliamo di un mondo politico che è stato cancellato.
Non solo per i socialisti, che non esistono più, ma anche per quei i partiti che si potevano chiamare tali, perché oggi sono soprattutto sigle legate a un nome e basta.
Craxi ha guidato il Paese per quasi cinque anni, un’Italia che usciva dalla tragica stagione del terrorismo e che nel 1986-’87 diventava la sesta potenza economica mondiale, superando la Gran Bretagna.
Va considerato un grande statista perché ha governato un Paese ricchissimo di iniziative e di capacità, però povero di materie prime e con un sistema istituzionale complesso. Craxi seppe interpretare e guidare l’Italia degli anni Ottanta che diventava potenza industriale. Sul piano politico pensiamo al dibattito sulla riforma istituzionale, la battaglia per il referendum sulla scala mobile che vinse praticamente da solo. Prima ancora la straordinaria iniziativa per salvare la vita di Moro. L’inflazione quando Bettino va a palazzo Chigi era a doppia cifra e quando se ne va era sotto l’8%.
La sua strategia fu di liberarsi dalla tutela del Pci e della Dc.
Sì e fu possibile grazie anche alle capacità di una squadra, come si dice oggi, che oltre a Craxi aveva grandi nomi come Martelli, De Michelis, Amato e molti altri socialisti di indubbia capacità.
In politica estera con gli Stati Uniti, di cui eravamo fedeli alleati, costruì però un rapporto in cui ritagliò all’Italia uno spazio di autonomia. La notte di Sigonella è storia.
Gli Stati Uniti avevano torto e Craxi non indietreggiò. Reagì nell’interesse del nostro Paese, dimostrando ancora una volta che non è indispensabile essere una grande nazione per avere una grande politica estera.
Sono trascorsi 23 anni dalla morte e trenta dalla stagione di Mani Pulite che decretò la sua fine politica, quali errori commise?
Beh, un errore tecnico politico quello di non spingere per non andare alle elezioni anticipate del 1991. Ma avvenne perché si stava per firmare il Trattato di Maastricht, eravamo alla vigilia di un importante operazione economica che cambiava l’Unione Europea. Poi evidentemente aveva sottovalutato l’odio quasi personale che spingeva i comunisti nel cercare di mettergli i bastoni tra le ruote ogni secondo. Basti ricordare che cosa accadde quando nel 1981 l’Italia, anche con il sì dei socialisti che non erano ancora al governo, decise di installare i missili Cruise in risposta agli SS-20 sovietici. Sfilarono milioni di pacifisti, tra virgolette, che urlavano Craxi boia, insomma c’era una potenza di fuoco del Pci che ha rivelato poi tutta la sua capacità quando è iniziata la falsa rivoluzione di Tangentopoli.
Ma Craxi è rappresentato come il simbolo della corruzione della Prima Repubblica, di un sistema malato denudato da Mani Pulite.
Nel famoso discorso alla Camera del 1993 l’ha detto lui stesso, ma intendiamoci non fu un’ammissione di colpa, ma una constatazione. I partiti, i politici venivano finanziati con fondi extra dal 1945 in avanti perché c’era la Guerra Fredda. La politica è costosa. All’epoca c’erano le sedi di partito e le sezioni, i congressi veri periodici, le attività quotidiane, i giornali di partito in perenne perdita. Ma ne traeva beneficio la nostra democrazia, non dimentichiamolo.
Il falso in bilancio era la prassi.

Ma tutti i partiti erano finanziati in modo irregolare e anche illegale, ma c’era stata l’amnistia del 1989, invece si scatenò la furia contro Craxi. Diventò il capro espiatorio anche per fare fuori i partitiche avevano dominato la Prima Repubblica, ma in primis i socialisti. Poi, per carità, ci sono stati anche i ladri, ma quelli non fanno la storia, devono pagare per il male fatto. Però indicare Craxi come il colpevole di tutto, mettere in piedi la famosa teoria del non poteva non sapere applicata solo a lui, è stata una operazione di una violenza inimmaginabile. Ci fu un chiaro disegno politico giudiziario per eliminarlo e processare per dieci anni Andreotti come capo della mafia, ricordiamolo. Invece, in qualsiasi altra democrazia gli avrebbero intitolato scuole di politica, perché Craxi è sempre stato come socialista dalla parte giusta della storia, ma alla fine ha prevalso quell’altra parte della sinistra, che ha avuto torto proprio di fronte alla storia, finanziata dall’Unione Sovietica, cosa per cui non ha mai chiesto scusa una sola volta agli italiani.

Torna alle notizie in home