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Mediterraneo bollente, l’Anbi: Bene il Piano Meloni e basta emergenze. La nostra strategia sugli invasi è lì da anni

di Angelo Vitale -

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L’Italia al centro del Mediterraneo. E l’area del Mare Nostrum sempre più caratterizzata come un hotspot del cambiamento climatico e del riscaldamento globale, con una temperatura marina fra i 28 ed i 30 gradi, da mesi almeno 5 gradi più della norma. La conferma, da quanto reso noto dal Centro Euromediterraneo sui Cambiamenti Climatici, per ciò che l’Associazione nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue legge in stretta relazione con quanto accade ormai da un anno: eventi sempre più violenti come l’alluvione delle Marche, il ciclone Poppea, i tre Medicane tra gennaio e marzo di quest’anno in pieno inverno, le alluvioni in Emilia Romagna dello scorso maggio, i recenti downburst che hanno funestato il Nord.

Una situazione che fa registrare, con le parole del presidente Francesco Vincenzi, un parere concorde con quello della premier Giorgia Meloni: “Le ripetute dichiarazioni di stato d’emergenza sono doverose, ma ristorano realmente solo il 10% dei danni. E sono un’evidente sconfitta per la politica. Perciò, massima fiducia alla premier che si è impegnata in prima persona per un piano nazionale di prevenzione idrogeologica. Noi siamo pronti a collaborare”.

L’Anbi, con il suo dg Massimo Gargano, prende atto della volontà di passare ai fatti, per “superare le mere affermazioni di principio. I nostri Piani Invasi e per l’Efficientamento della Rete Idraulica sono a disposizione di un Paese minacciato dalla crisi climatica. Per questo servono un piano nazionale di manutenzione straordinaria del territorio, nuove infrastrutture come quelle previste dal Piano Laghetti, una forte accelerazione sull’innovazione, da sempre nelle nostre corde”.

Uno scenario nel quale, a fare i conti e a ricordarsi quelli del 2022, appare evidente come a metà anno o poco più il nostro Paese abbia già raddoppiato il costo dei danni. “Siccità ed eventi estremi dell’intero 2022 – fa sapere Ambrosetti – hanno generato quasi 6 miliardi di danni per l’agricoltura, quest’anno tra i 7 e i 10 miliardi di danni complessivi stimati solo per l’alluvione in Emilia-Romagna”.

E l’immagine dell’Italia di questi giorni, spezzata climaticamente in due, è palese testimonianza di una situazione idrica fortemente disomogenea.

Al Nord cala il livello del lago Maggiore (28,6% di riempimento), mentre crescono Lario, Benaco e Sebino. In Valle d’Aosta è in aumento la portata della Dora Baltea, abbondantemente sopra la media storica. Calano i livelli di tutti i fiumi del Piemonte, quelli della Liguria sono stabili. In Lombardia portate in rialzo per Adda, Serio e Oglio, mentre decrescente è il livello del Mincio: si riduce il deficit idrico (-21,9% sulla media), per ora permettendo di allontanare il timore di una siccità pari a quella del 2022. Ma restano in calo le portate del Po, praticamente dimezzate rispetto alla media.

In Emilia Romagna, le bombe d’acqua hanno in qualche modo fatto aumentare le portate dei fiumi, ma gli invasi artificiali del Piacentino sono al livello più basso del recente quinquennio, secondi solo al 2022.

Durissima prova, infine, per le regioni del Sud che nei mesi scorsi avevano immagazzinato negli invasi risorse idriche tali da affrontare efficacemente anche le grandi richieste di questi giorni: in Basilicata, in 7 giorni, sono
stati erogati oltre 13 miliardi e mezzo di litri d’acqua, nel Tavoliere delle Puglie (temperature arrivate a 43 gradi), la riduzione dei volumi idrici dei bacini supera i 21 milioni di metri cubi.


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