Milano è la città più cara o, comunque, quella che registra i consumi più alti in tutta Italia. Certo, non appare proprio come una grossa novità. Ma ciò che emerge da una ricerca del centro studi Guglielmo Tagliacarne e Unioncamere è che, per vivere nel capoluogo lombardo occorre sborsare, ogni anno, più del doppio di quanto si spenda in un capoluogo del Sud come Foggia. E che nel Nord-Ovest si concentra una fetta importante dei consumi delle famiglie dell’intero Paese. Ciò mentre si fanno i conti in tasca alle famiglie su base geografica, l’Unione nazionale dei consumatori denuncia la “classifica” dei rincari dall’inizio della guerra in Ucraina a oggi.
Milano capitale dei consumi
I numeri del centro studi Tagliacarne-Unioncamere sono eloquenti. A Milano, nel 2023, la spesa media pro-capite in termini di consumi è stata pari a poco meno di 31mila euro, per la precisione si parla di un budget da 30.993 euro. Tanto quanto basta per staccare Bolzano, seconda in classifica con 29.164 euro. La Lombardia, poi, piazza sul podio un altro capoluogo: si tratta di Monza dove le spese per consumi ammontano a ben 26.714 euro. Numeri che rappresentano più del doppio della spesa che si è registrata negli ultimi capoluoghi in classifica. A Foggia i consumi pro-capite non hanno superato i 14mila euro (13.697), così come è accaduto a Caserta (ferma a 13.890 euro). Di poco sopra la soglia la terzultima, Agrigento, con una spesa pro capite da 14.020 euro.
Il Sud cresce ma non basta a colmare il divario
Roma, però, si difende bene conquistando il primato dei consumi in termini di spesa alimentare. La Capitale, da sola, vanta una quota del 7,8%. Se, però, si allarga la visuale alle macroaree del Paese. La spesa in termini di consumi per il Sud è cresciuta di più che nel resto del Paese segnando un lusinghiero +15,7% contro il trend del +13,7% della media nazionale. Cifre che vanno lette insieme a un altro dato, ossia che in termini di carrello della spesa e di consumi alimentari il Sud “batte” tutto il resto del Paese con una percentuale pari a poco più del 33%. La cassaforte dei consumi, considerati globalmente, però, resta il Nord-Ovest dove si sono registrati, complessivamente, consumi pari a circa un terzo di tutti quelli avvenuti in Italia. La sola Lombardia rappresenta il 20% dei consumi. Per il resto, la fotografia della ricerca del centro studi Tagliacarne e Unioncamere ribadisce il netto divario tra il Nord (che occupa tutta la parte alta della classifica) e il Mezzogiorno (che, invece, è stabilmente ancorato ai bassifondi della graduatoria).
Il costo della guerra: la classifica dei rincari dal 2021 a oggi
C’è, però, un’altra ricerca molto interessante che è legata (anche) ai consumi ma che si concentra su uno degli aspetti più controversi dell’economia. Ossia la valanga di rincari che ha interessato il Paese dall’inizio della guerra in Ucraina a oggi. Ebbene, come riferisce Adn Kronos, l’Unione nazionale dei consumatori ha stilato una lunga classifica in cui hanno “piazzato” beni e servizio che hanno subito gli aumenti maggiori dal 2021 a oggi. Di sorprese, però, ce ne sono davvero poche. Al primo posto ci sono i biglietti aerei. Anzi, i voli occupano le prime due posizioni del podio. I trasporti per l’Europa sono rincarati del 156,5%, quelli nazionali hanno visto lievitare i prezzi del 124,9% (con un aumento del 38,7% solo sull’anno). Al terzo posto ecco l’olio d’oliva, aumentato del 59,5%. Che sopravanza di un soffio il burro (+58,6%). Al quinto posto c’è l’energia elettrica, la bolletta della luce per il mercato libero che pesa, nelle tasche degli italiani, per il 54,7% in più. Aumenti a doppia cifra pure per la gioielleria (+53,5%), mentre al settimo posto della top ten ci sono alberghi e motel (+52,7%), quindi arrivano i magnifici due: riso (+49,1%) e caffè (+46,6%). Chiudono la top ten i pacchetti vacanza nazionali con +45,8%, sopravanzando l’altro grande protagonista della stagione dei rincari, ossia il cacao, fermo all’undicesimo posto a fronte di un aumento stimato nel 44,6%. Scorrendo la graduatoria si incrociano moltissimi beni alimentari: le patate, per esempio, sono rincarate in quattro anni del 44% conquistando il 13esimo della graduatoria. Il prezzo della margarina è salito del 41,9%, quello dei gelati è aumentato del 41,6%. Lo zucchero è al 22esimo posto, con un rincaro del 35,5 per cento.