Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu avrebbe intenzione di occupare completamente l’enclave palestinese, pur conoscendo i rischi che ne deriverebbero per gli ostaggi. Lo ha riferito una fonte al corrente della discussione avvenuta nel corso di un “incontro ristretto” sulla sicurezza all’emittente Kan.
La linea di Netanyahu non verrà ostacolata
Attualmente le Forze di difesa israeliane controllano circa il 75% della Striscia ma, secondo il nuovo piano, l’esercito potrebbe portare l’intero territorio sotto il controllo israeliano. Le Idf sono pronte ad attuare ogni decisione sulla campagna militare che verrà presa dal gabinetto politico e di sicurezza. La contrarietà manifestata dal capo di Stato maggiore israeliano Eyal Zamir non porterà a strappi clamorosi. Lo ha sottolineato in una nota l’ufficio di Netanyahu. Il premier “ha tenuto una discussione limitata sulla sicurezza, durata circa 3 ore”.
Il parlamentare israeliano della lista di sinistra “Hadash-Taal”, Ofer Cassif, è stato allontanato con la forza dal podio della Knesset, durante una sessione plenaria, dopo aver citato lo scrittore David Grossman, che, in un’intervista a Repubblica pubblicata la settimana scorsa, aveva denunciato che a Gaza è in corso un genocidio. Il parlamentare del Likud Nissim Vaturi ha risposto: “Questa non è una citazione, è inventata” e ha chiesto che Cassif fosse portato via. La collega Tali Gottlieb ha urlato: “Non dirà ‘genocidio’ qui dentro!”.
Le prese di posizione di Egitto e Sudafrica
“La guerra a Gaza non è più una guerra per obiettivi politici o per liberare ostaggi, ma una guerra di fame, un genocidio e la liquidazione della causa palestinese”. Lo ha dichiarato il presidente egiziano, Abdel Fattah al-Sisi, che ieri al Cairo ha ricevuto il suo omologo vietnamita, Luong Cuong. “Ho già fatto appello al mondo, ai Paesi europei e al presidente degli Stati Uniti Donald Trump affinché fermino questa guerra e consentano l’ingresso degli aiuti umanitari a Gaza”, ha aggiunto al-Sisi, citato dai media locali.
Nel corso di un’intervista all’Afp, il ministro degli Esteri sudafricano, Ronald Lamola, ha detto che più Paesi devono opporsi a Israele e riconoscere lo Stato palestinese per fermare le sue “attività genocide”. Il Sudafrica ha lanciato numerosi appelli contro l’azione di Tel Aviv, presentando un caso davanti alla Corte Internazionale di Giustizia nel dicembre 2023, e sostenendo l’accusa di genocidio contro il Paese guidato da Netanyahu. Visto e considerato che alcuni alleati dello Stato ebraico “ora iniziano a dire ‘no, questo non può continuare’, significa davvero che ci stiamo avvicinando sempre di più a fermare le attività genocide del regime israeliano”, ha osservato ancora Lamola.
I Democratici statunitensi scrivono a Trump
Gli esponenti Democratici del Congresso statunitense chiedono il riconoscimento dello Stato palestinese da parte dell’amministrazione americana attraverso una lettera al presidente Donald Trump e al segretario di stato Marco Rubio. A sottoscriverla, oltre una dozzina di parlamentari. La bozza, visionata dal Guardian, è frutto di un’iniziativa del deputato della California Ro Khanna, al quale si sono uniti diversi progressisti della Camera, tra cui Greg Casar del Texas, Pramila Jayapal di Washington e Maxwell Frost della Florida.
“Questo tragico momento ha evidenziato al mondo la necessità, da tempo tale, di riconoscere l’autodeterminazione palestinese. Così come la vita dei palestinesi deve essere immediatamente protetta, così anche i loro diritti come popolo e nazione devono essere urgentemente riconosciuti e sostenuti”, si legge nella missiva.
Lo Stato palestinese “dovrà riconoscere pienamente Israele e adottare un quadro normativo che ne garantisca la sicurezza, incluso il disarmo e la rinuncia al potere da parte di Hamas, per essere ampiamente accolto dalla comunità internazionale”, rimarca il testo.
L’ufficio di Khanna ha precisato che sarà inviata dopo il 16 settembre, nel periodo dei lavori dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite che si terrà dall’8 al 23 settembre di quest’anno. “Questo è il momento per gli Stati Uniti di riconoscere ufficialmente uno Stato palestinese”, ha spiegato Khanna alla testata inglese.
L’amministrazione Trump ha chiarito di non essere d’accordo con i Paesi che hanno proceduto al riconoscimento. In un briefing alla Casa Bianca la scorsa settimana, la portavoce Karoline Leavitt ha affermato che il Donald Trump considera la creazione di uno Stato palestinese come una sorta di “ricompensa per Hamas”.