Nozze Carsiche, vento e roccia: Monrupino scolpita nella pietra
Monrupino appare quando il Carso smette di essere sfondo e diventa voce. La pietra di Repen, grigia e luminosa come acqua ferma, disegna muretti, portali, case che tengono il vento. È materia domestica e nobile, restituisce il calore del sole, profuma di pioggia, si lascia accarezzare dagli occhi prima ancora delle mani.
Camminando verso la rocca il passo si fa lento, si sale tra ginestre e pietraie e la vista incrocia mare lontano, confine, memorie. Sul tabor svetta il Santuario di Santa Maria Assunta, dentro legni lucidati dal tempo e un barocco sobrio che custodisce il respiro di una devozione antica. Fu costruito nel Cinquecento, quando queste alture difendevano le comunità e la fede aveva mura e bastioni, attorno una cinta che si fondeva con la roccia. Leggende di impronte mariane corrono tra i gradini, come promesse che nessuno mette per iscritto ma tutti ricordano, e qui tutto tende all’essenziale: luce, campane, un cielo che apre i pensieri.
A fine agosto Monrupino cambia passo e le Nozze Carsiche accendono il paese con un cerimoniale che ha il ritmo dell’Ottocento e la concretezza di oggi. Le famiglie preparano i cortili, si stirano fazzoletti, si rammendano nastri. Lo sposo scende in strada per la serenata a bassa voce con gli amici alle spalle, la sposa custodisce il sorriso dietro una tenda che profuma di sapone e di mosto. Il giorno dopo arriva il corteo della dote, lenzuola, cassapanche e piccoli tesori di casa trasportati in pubblico per dire che un nuovo focolare è pronto, e la comunità accompagna, guarda, benedice senza retorica.
La domenica il rito prende forma piena, sulla rocca tra costumi ricamati e cappelli ornati la promessa diventa matrimonio. La chiesa accoglie canto e silenzio, fuori le fisarmoniche chiamano alla danza, il vino del Carso gira tra i bicchieri, la carne alla brace lascia nell’aria un sentiero di fame. Non è spettacolo per chi passa, è un patto rinnovato tra memoria e futuro, un modo per dire chi siamo quando scegliamo di stare insieme.
Poco più in basso la Casa Carsica custodisce l’alfabeto domestico del Carso: cucine di pietra, travi, tini, attrezzi che hanno lucidato i secoli. Si comprende come la pietra di Repen non sia soltanto costruzione ma gesto quotidiano, tenere, riparare, condividere, e in quel lessico sta il carattere di Monrupino, il suo essere luogo e non cartolina. Quando si scende dalla rocca la luce cambia di nuovo, il vento soffia dalle cave e porta odore di legna e di erbe. Il paese torna quieto ma resta una vibrazione nelle cose, le Nozze Carsiche passano ogni due anni e lasciano segni, nastri che penzolano da un portone, un fiocco dimenticato su una sedia, tracce di farina sul selciato.
Non servono grandi parole per raccontarle, basta ricordare una voce di serenata, un gesto di dote, il fruscio di una gonna in piazza, e la pietra sempre lei a custodire tutto.
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