Esteri

Nuova ondata di contagi la Cina richiude tutto e torna l’incubo strategia “Zero Covid”

di Martina Melli -


Torna il Covid in Cina, e torna il lockdown in quella che è stata la culla del virus nel 2019: Wuhan.
La città nella provincia di Hubei, martedì scorso ha registrato 18 nuovi casi che hanno fatto partire un lockdown a tutti gli effetti per 900.000 residenti del distretto di Hanyang. Tutte le attività commerciali sono state chiuse ad eccezione delle farmacie e dei supermercati; ai cittadini è stato imposto l’obbligo di rimanere in casa fino a domenica, e sono state erette vere e proprie barriere tutto intorno al distretto, per impedire alle persone di lasciare il territorio.
Il presidente Xi Jinping, come all’inizio della pandemia, ha adottato immediatamente la cosiddetta politica ‘zero Covid’, un approccio duro e implacabile che utilizza blocchi, test di massa e restrizioni ai viaggi per contenere la diffusione del virus. Questa linea, che il capo dello Stato ha sempre difeso strenuamente considerandola necessaria alla salvaguardia della vita umana, ha causato (e causerà) gravi sconvolgimenti sociali ed economici. I contagi continuano a salire, e dopo Wuhan sono ripartite le chiusure anche nel resto del Paese. Venerdì la Cina ha imposto il blocco in diverse città intensificando le misure, con la popolazione serrata nelle abitazioni e le istituzioni che distribuiscono cibo a domicilio.
Shanghai ha ordinato test di massa a tutti gli 1,3 milioni di residenti del suo distretto centrale di Yangpu, confinandoli in casa almeno fino all’arrivo del risultato dei test.
Nella città meridionale di Guangzhou, ieri mattina, sono state sospese le scuole e chiusi i ristoranti.
Anche se inizialmente sembrava che le restrizioni sarebbero durate solo pochi giorni, le autorità stanno continuando a prorogarne la scadenza.
Il capo dell’Organizzazione mondiale della sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, considera il sistema insostenibile. Non a caso, per via delle severe misure nuovamente imposte, da Shanghai, a est, al Tibet, a ovest, sono già scoppiate numerose proteste anti-lockdown, testimoniate dai telefoni cellulari contrabbandati, che mostrano folle di tibetani nativi e migranti cinesi Han che manifestano per le strade di Lhasa contro un blocco che dura ormai da più di 70 giorni. Le ripercussioni sociali sono sempre enormi: il lockdown precedente a questo aveva devastato le economie locali e provocato, non solo carenze alimentari, ma anche vari scontri tra i residenti e le autorità.
Nonostante questo, la Cina non intende cambiare rotta. In questi giorni si è concluso un importante congresso del Partito comunista, che ha visto la riconferma del presidente Xi Jinping al potere, per un terzo mandato quinquennale. Negli organi principali, la maggioranza di suoi fedelissimi.
Linea dura o meno, secondo l’Institute for Health Metrics and Evaluation (IHME) dell’Università di Washington, i casi giornalieri di Coronavirus aumenteranno lentamente: dagli attuali 16,7 milioni a circa 18,7 milioni entro febbraio, guidati dai mesi invernali dell’emisfero settentrionale. Sono attese molte meno infezioni rispetto al picco della media giornaliera stimata nello scorso inverno, impennata che fu guidata dalla rapida diffusione della variante Omicron. Inoltre, sempre secondo lo stesso rapporto dell’Università di Washington, l’aumento dei casi non dovrebbe causare un aumento dei decessi.
Nonostante i costi di questa strategia di confinamento e controlli a tappeto, che la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità definisce insostenibili, la Cina tirerà dritto, puntando a mantenere il numero di casi e di decessi a una frazione di quelli di altri paesi. Il resto del mondo si è aperto, e grazie all’avvento dei vaccini, che sembra verranno presto somministrati anche per bocca, dopo le esperienze durissime vissute negli ultimi anni, molti cinesi avevano sperato in un allentamento dei rigidi protocolli.


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