Attualità

Kiev più forte del terrore russo e dell’ “indifferenza” del mondo

di Redazione -


di FRANCESCO MARIA PETRICONE – Ordinario di Sociologia dei fenomeni politici e giuridici, Università LUMSA
Più forte del terrore. Questo è stata la decisione del Consiglio europeo del 14 dicembre scorso. Contro ogni previsione. Gli Stati membri dell’Unione hanno votato unanimi per l’apertura dei negoziati con l’Ucraina. Grazie all’assenza dell’Ungheria, convinta dal nostro Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, a non esercitare il veto. È stata la vittoria della legge, del diritto, dei principi di sovranità, indipendenza e autodeterminazione, sulla violenza, sul terrorismo, sul genocidio perpetrato in questi due anni dall’aggressore russo.

Fino all’ultimo, nella farsesca kermesse televisiva di oltre quattro ore sui canali nazionali, l’aggressore ha cercato di intimorire l’Unione europea. Senza riuscirci. Perché il voto di Bruxelles di giovedì scorso è stato più deflagrante di ognuno delle migliaia e migliaia di missili e droni che ogni ora colpiscono l’Ucraina. Civili, abitazioni, parchi giochi, chiese, ospedali, senza distinzione alcuna. Una decisione più forte anche del dolore. Di famiglie spezzate, giovani mutilati, uomini e donne uccisi.

Delle migliaia di bambini ucraini rapiti, deportati, brutalizzati dalla violenza dell’aggressore Putin, ricercato in tutto il mondo e contro il quale pende il mandato di arresto della Corte penale internazionale per crimini di guerra per deportazione e sequestro di minori. Una storica decisione del Consiglio europeo presa anche grazie alla resistenza e alla tenacia del popolo ucraino. “L’Ucraina ha già vinto questa guerra, fermando la volontà espansionistica russa” ha ricordato il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Giovanbattita Fazzolari, sabato scorso, nel dibattito svolto ad Atreju.

Perché “Kyiv ha opposto una resistenza irripetibile, come se la Polonia nel 1939 avesse fermato la Germania nazista ai confini. Tutti gli analisti dicono che i russi hanno perso circa 340.000 uomini in Ucraina. Più dei soldati italiani caduti nella Seconda guerra mondiale”. Con perdite causate all’aggressore russo per circa il 90 per cento dell’esercito prebellico e la distruzione di decine di migliaia tra carri armati, artiglieria pesante, cingolati. Il Consiglio europeo stavolta è stato più forte del terrore, del dolore. E dell’indifferenza. Del cinismo becero e ipocrita di chi il giorno dopo quella decisione, inaspettata, continua anche in Europa, in Italia, a schierarsi con l’aggressore russo, rendendosi complice di questa barbarie.

Mentre nessuno in Ucraina in questo momento, da Poroshenko alla Tymoshenko, a Klycko, si sognerebbe mai di andare contro la politica estera del presidente Zelenskyy. Perché l’Ucraina è unita, malgrado le malevoli e infondate interpretazioni che si leggono anche sui nostri giornali, e i ritardi nei finanziamenti da Unione europea e Stati Uniti. Eppure, c’è ancora chi invita questo popolo e il suo presidente a sedersi al tavolo e a trattare con l’aggressore. Senza ricordare i trent’anni di mancate promesse e accordi violati. Dal Memorandum di Budapest del 1994, quando l’aggressore si impegnò a “rispettare l’indipendenza, la sovranità e i confini esistenti dell’Ucraina”, astenendosi “dalla minaccia o dall’uso della forza contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica dell’Ucraina”.

Al Trattato di amicizia russo-ucraino del 1997, che sancì il rispetto dell’integrità territoriale dell’Ucraina, riaffermandone “l’inviolabilità dei confini”. Si è visto. Più forte del terrore, del dolore e dell’indifferenza. Tutto questo ha rappresentato la storica decisione del Consiglio europeo di giovedì 14 dicembre 2023. Mentre l’Ucraina si prepara ad affrontare il secondo inverno di guerra, al freddo e al gelo, come il bambinello Gesù nella grotta di Betlemme. In questo, che per i fedeli ucraini, tutti, cattolici e ortodossi, sarà il primo Natale che festeggeranno lo stesso giorno, la notte del 24 dicembre. Uniti, insieme e sempre più forti. Del dolore, del terrore e dell’indifferenza.


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