Paderno Dugnano: il 17enne condannato a 20 anni per l’omicidio di tutta la sua famiglia. La difesa: “Sentenza ingiusta”
Paderno Dugnano: il 17enne condannato a 20 anni per l’omicidio di tutta la sua famiglia. La difesa: “Sentenza ingiusta”
Il Tribunale per i minorenni di Milano ha condannato Riccardo Chiarioni, oggi 18enne, a vent’anni di reclusione per l’atroce omicidio di padre, madre e fratello minore, uccisi con 108 coltellate nella loro abitazione a Paderno Dugnano. La corte ha respinto la richiesta di riconoscere il vizio parziale di mente, nonostante un’accurata perizia psichiatrica che evidenziava disturbi psicologici.
La difesa, rappresentata dall’avvocato Amedeo Rizza, ha espresso forte disappunto nei confronti della decisione, definendola “punitiva“. Il legale ha sottolineato come, pur non mettendo in discussione la gravità del crimine, la condanna a 20 anni sembrasse sproporzionata, considerando anche le attenuanti per la giovane età del ragazzo e il riconoscimento di due attenuanti generiche. Rizza ha inoltre dichiarato che la sentenza sarà impugnata, contestando anche il mancato riconoscimento della parziale infermità mentale.
“Questa pena non la posso accettare” ha detto l’avvocato, “e procederò con il ricorso. La richiesta della Procura di applicare le aggravanti su tutte le attenuanti mi sembra più logica. La condanna mi sembra eccessiva per un ragazzo che ha anche mostrato segni di grande sofferenza”. Rizza ha poi aggiunto che, dopo aver sentito la sentenza, il giovane si è visibilmente abbattuto, crollando in lacrime quando ha visto i parenti.
Riccardo, accusato di aver sterminato la propria famiglia nella notte tra il 31 agosto e il 1° settembre 2024 nella loro casa a Paderno Dugnano, è stato ritenuto capace di intendere e di volere al momento dei fatti. Secondo la ricostruzione, il giovane avrebbe agito con premeditazione, preparando l’assalto nei giorni precedenti. Gli investigatori hanno trovato armi da taglio nascoste nell’abitazione e alcuni appunti che suggerivano un piano ben definito. Dopo l’omicidio, Riccardo ha contattato le forze dell’ordine, confessando il crimine: “Li ho uccisi tutti”, ha detto al centralino del 112.
Una perizia psichiatrica, svolta durante l’incidente probatorio, ha evidenziato che il giovane soffriva di un disturbo mentale, rivelando convinzioni deliranti e un forte desiderio di “rinascere”, sentendosi oppresso dalla propria famiglia. Nonostante ciò, il Tribunale ha deciso di non riconoscere una condizione di incapacità totale, valutando invece che il ragazzo fosse in grado di pianificare lucidamente l’omicidio, agendo in modo consapevole.
Il pubblico ministero aveva chiesto la condanna massima di vent’anni, sottolineando la brutalità del crimine e la premeditazione. La difesa, invece, aveva richiesto di prendere in considerazione la parziale incapacità del giovane, ma la corte ha accolto la linea della Procura.
Riccardo, tuttavia, avrà l’opportunità di seguire un percorso terapeutico durante la sua detenzione presso l’Istituto penale minorile di Firenze, dove riceverà assistenza psichiatrica e psicologica. Nonostante la gravità del crimine, l’obiettivo dei magistrati è quello di affrontare le problematiche psicologiche del ragazzo. Inoltre, Riccardo ha ripreso gli studi e avrà la possibilità di sostenere l’esame di maturità quest’anno, sebbene sia consapevole che la sua vita non tornerà mai a essere quella di un ragazzo “normale”. “Non possiamo restituire una vita normale a Riccardo, ma è fondamentale garantirgli un supporto psicologico adeguato”, hanno affermato le fonti giudiziarie.
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