Economia

Sì al nuovo Patto dall’Europarlamento nello scetticismo degli italiani

di Giovanni Vasso -

epa11295081 European Commission President Ursula von der Leyen (R) and Member of the European Parliament of Greens/European Free Alliance (EFA), Theresa Reintke (L), chat before a debate on 'Conclusions of the recent European Council meetings, in particular on a new European Competitiveness deal and the EU strategic agenda 2024-2029', at the European Parliament in Strasbourg, France, 23 April 2024. The EU Parliament's session runs from 22 until 25 April 2024. EPA/RONALD WITTEK


Il nuovo Patto di Stabilità passa all’Europarlamento. Senza alcun sostegno apprezzabile da parte della folta pattuglia italiana di deputati. Una volta tanto, ha avuto ragione Paolo Gentiloni. Che ha liquidato con una battuta il voto “italiano” all’Europarlamento sul Patto di stabilità: “Abbiamo unito la politica”. Già, perché seppur per vie diverse, tutti i partiti italiani presenti a Strasburgo si sono astenuti sulla proposta. Gli eurodeputati italiani che hanno votato sì si contano sulle dita di una mano: si tratta di Lara Comi (Fi), Herbert Doffman (Svp), Marco Zullo (Renew) e di Sandro Gozi che, seppur italiano, è stato eletto in Francia. Tutto il centrodestra di governo si è astenuto. Dalla Lega fino a Forza Italia, passando per Fratelli d’Italia. Voto contrario anche per il M5s, che teme l’arrivo della troika a Roma, e astensione anche per il Pd. La scelta dem ha causato un dispiacere al commissario Ue all’Economia che s’è premurato di derubricare le ragioni della decisione a “cause di politica interna” piuttosto che “al dissenso sui documenti”. Viceversa, l’ex ministro Patuanelli (M5s) ha strattonato il Pd accusando i dem di incoerenza: “Prima criticano il Patto e poi si astengono”. À la guerre comme à la guerre, fino all’ultimo voto. Lo stesso Gentiloni, in mattinata, aveva ammesso che “questo Patto non è perfetto” ma aveva pure sottolineato come “queste regole serviranno ad affrontare le sfide future, consentiranno una graduale riduzione del debito pubblico senza minare la crescita, difendendo il livello di investimenti pubblici per finanziare le transizioni green e digitale e salvaguardare il nostro modello sociale garantendo la sicurezza del continente”. In pratica, i soldi ci saranno per le misure verdi, hi-tech e per le armi. Se l’Italia si astiene, il resto d’Europa non lo fa. E il parlamento ha varato il nuovo Patto di Stabilità (senza crescita) con 367 voti favorevoli, 161 contrari e 69 astenuti. Più “divisivo” il braccio “correttivo” che è passato con 368 sì, 166 “no” e 64 astenuti. Per ciò che riguarda i requisiti legati ai quadri di bilancio, il Pe ha dato il via libera con 359 voti favorevoli, 166 “no” e 61 astensioni.

A dirla tutta, il voto favorevole al nuovo Patto da parte dell’europarlamento di ieri, dopo l’ok del Trilogo e i lunghi mesi passati fino al via libera dell’Ecofin, non ha rappresentato di certo una sorpresa. Ma le ragioni della campagna elettorale, adesso, si infilano nel dibattito e le strategie, uguali e contrarie, di maggioranza e opposizione hanno portato al medesimo risultato. Gli italiani, tranne quattro, hanno espresso scetticismo e sfiducia, al punto che il capogruppo di Forza Italia Fulvio Martusciello ha annunciato che, dopo le elezioni “con la prossima legislatura, cambieremo le regole”. Ciò perché “il patto di stabilità approvato dal Parlamento europeo è un incentivo all’austerità e frena la crescita”. Così com’è, dicono da Fi, “non serve all’Italia”. Una posizione che non è per nulla condivisa dagli alleati della Csu bavarese che, già in mattinata, si erano detti sorpresi dal voto italiano in merito alla proposta.

La giornata parlamentare era iniziata con l’ultimo discorso di Ursula von der Leyen al Parlamento. Anche questo ha risentito (fin troppo) del clima elettorale che si respira anche a Strasburgo. “Abbiamo passato l’inferno – ha detto alludendo alle crisi Covid e Ucraina – ma ora siamo più forti”. Eppure, Draghi e Letta coi loro report, l’hanno sostanzialmente smentita. Ha promesso, Ursula, che presto “il prezzo del gas scenderà” in Ue, poi è tornata a parlare di cose più rilevanti come il tema dell’unione dei capitali. Un passo avanti che, dopo le relazioni di Draghi e Letta, è necessario per rafforzare l’Europa, che attualmente è un vaso di coccio tra i vasi di ferro Usa e Cina, come entità geopolitica. Altro che “siamo più forti”. Von der Leyen però gonfia il petto d’orgoglio: “Da quando siamo entrati in carica quattro anni fa, abbiamo scatenato un’ondata senza precedenti di investimenti pubblici in settori strategici. Prendiamo l’energia e la tecnologia pulita. Stiamo investendo 400 miliardi di euro dal Next GenerationEu e abbiamo approvato oltre 550 miliardi di euro di sostegno pubblico nazionale per investimenti in tecnologie pulite ed energia. Questo è stato cruciale”. E poi: “Gli investimenti pubblici non bastano. È giunto il momento per una soluzione sistemica che mobiliti l’immenso capitale privato dell’Europa. E una parte essenziale di questa soluzione è il completamento dell’Unione dei mercati dei capitali. Sono 470 miliardi di euro: questo è l’investimento privato aggiuntivo che potremmo raccogliere ogni anno se completassimo l’Unione dei mercati dei capitali”. Se ne parla da dieci anni, invano.


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