Attualità

Pfas e i veleni nell’acqua “Il ruolo di Marzotto del primo inquinamento”

di Ivano Tolettini -

ASSOCIAZIONE MAMME NO PFAS


I giudici amministrativi di Venezia lo scrivono a chiare lettere. Del primo inquinamento da Pfas registrato oltre mezzo secolo fa sulla collina di Trissino, nel Vicentino, all’inizio degli anni Sessanta quando venne costituita la Rimar, fu “responsabile la Manifatture Lane Gaetano Marzotto & Figli spa”. E secondo il principio che chi inquina paga, la norma, come scrive la seconda sezione del Tar Veneto presieduta da Grazia Flaim, “impone di allocare le esternalità negative dell’attività di impresa presso il soggetto che da esse ha tratto beneficio”. Appunto in carico a Marzotto Group. Per contro la storica azienda tessile di Valdagno, che con i settori “wool”, “lab” e “seta” ha chiuso il 2022 con un fatturato sui 400 milioni di euro ed ha stabilimenti in Italia, Europa e Nord Africa, oggi è presieduta da Antonio Favrin e amministrata dal figlio Davide, che la controlla assieme ai tre figli di di Andrea Donà dalle Rose, la sorella Isabella e i figli della defunta Rosanna, contesta la ricostruzione del tribunale amministrativo e presenterà ricorso al Consiglio di Stato.

Conferenza dei servizi

Nel frattempo, però, le istituzioni hanno acceso la macchina della bonifica e la prossima settimana i rappresentanti di Marzotto Group dovranno presentarsi al tavolo della Conferenza dei servizi convocata dalla provincia di Vicenza per risolvere radicalmente l’avvelenamento della porzione di sottosuolo. Vi parteciperanno anche l’Arpav, la Regione, il Comune di Trissino e Koris Italia srl in qualità di proprietaria non responsabile dell’area inquinata. L’azienda guidata da Favrin ha impugnato la nota del 25 novembre 2021 della Provincia di Vicenza, all’epoca presieduta da Francesco Rucco, che l’ha individuata come responsabile dell’inquinamento del cosiddetto sito “ex Rimar (Ricerche Marzotto)”, in via IV Novembre del paese vicentino, negli anni che vanno dal 1963 al 1967. Di fatti fu il primo inquinamento individuato in Italia da sostanze perfluoro-alchiliche. Con lo spostamento della fabbrica dalla collina alla zona di pianura nello stesso Comune, vicino al torrente Poscola, avrà inizio l’inquinamento che è stato individuato dalle autorità solo nel 2013 e che ha provocato il più grande inquinamento censito d’Europa, visto che si sviluppa su un’area di 200 chilometri quadrati e coinvolge oltre 350 mila cittadini delle province di Vicenza, Verona e Padova. Per questo maxi avvelenamento del suolo veneto cui si è scagliato contro anche il vescovo di Vicenza, Giuliano Brugnotto, sono chiamati a rispondere davanti alla Corte d’Assise di Vicenza 15 dirigenti di Miteni spa, Icig e Mitsubishi Corporation, imputati a vario titolo di avvelenamento delle acque, disastro ambientale innominato, gestione di rifiuti non autorizzata, inquinamento ambientale e reati fallimentari perché Miteni spa è stata dichiarata fallita nel novembre 2018.

PFOA e carosello

L’Arpav ha compiuto analisi sul suolo dove sorse Rimar ed ha riscontrato inquinamento da idrocarburi, solventi clorurati e Pfoa (sostanze della famiglia dei Pfas). Koris Italia in qualità di proprietaria non responsabile dell’inquinamento sta “provvedendo ad eseguire le operazioni di bonifica” – come riportano i giudici in sentenza – per le quali ha già speso alcune centinaia di migliaia di euro. Il costo della bonifica completa si aggira su qualche milione di euro e in base a quanto scrive il Tar l’individuazione della Marzotto da parte della Provincia di Vicenza come responsabile che deve bonificare è avvenuta in base a una ricostruzione oggettiva dei passaggi societari che fanno sì che Rimar è “figlia” della manifattura valdagnese. Quest’ultima l’aveva creata come strategica per fabbricare il famoso tessuto antimacchia di cui faceva pubblicità negli anni Sessanta su Carosello. La Marzotto contesta l’analisi dei giudici e per questo ricorre al Consiglio di Stato che taglierà con il suo verdetto la testa al toro, tuttavia per adesso vale la sentenza pubblicata lo scorso 13 marzo che respinge i motivi della società amministrata dai Favrin.

LE PROVE

Arpav Veneto nel corso delle indagini ha trovato una comunicazione del Laboratorio di igiene e profilassi del 27 agosto 1966 che certifica come Rimar (Ricerche Marzotto) “è un laboratorio di ricerca con impianto pilota ausiliario dell’industria chimica nel campo degli appretti, e che le materie prime usate nelle varie sintesi sono: acido fluoridrico, acido caprilico, acido cloridrico, acetone, alcol isopropilico, trielina e alcol etilico”. C’è corrispondenza tra queste sostanze e quelle per le quali è stato provato il superamento delle soglie nel 2020 di contaminazione del suolo e, pertanto, è “un chiaro indizio sulla riconducibilità causale dell’inquinamento all’attività produttiva svolta da Rimar”. Quest’ultima fu costituita con atto notarile il 23 agosto 1963 con sottoscrizione di pari quote tra Giannino Marzotto e La Finanziaria Tessile spa, interamente controllata dal Gruppo Marzotto, e successivamente, il 7 maggio 1973, fu fusa per incorporazione nella Manifattura Lane Gaetano Marzotto & Figli spa, diventando l’unica proprietaria e accreditando a Rimar il ruolo strategico per l’intero gruppo. Per i giudici la prova, dunque, che Rimar spa fosse parte integrante del Gruppo Marzotto, tanto da svolgere non già “un’attività collaterale, ma determinante per il ciclo produttivo, per l’evoluzione delle strategie aziendali, per la commerciabilità della produzione e per i risultati di gestione, sotto quindi la direzione della Manifattura Lane Gaetano Marzotto & Figli spa”, di cui era parte integrante e si spiega perché adesso per il Tar Veneto deve pagare la bonifica.

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