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Esteri

Piano di Trump per Gaza: firmato l’accordo solo per la prima fase. Tutti i nodi ancora da sciogliere

Occorre prudenza.L'equilibrio è molto fragile

di Ernesto Ferrante -


Sono ore molto concitate in Egitto. Ieri stata firmata la versione finale dell’accordo sulla prima fase del piano in 20 punti del presidente degli Stati Uniti Donald Trump per la pace a Gaza. L’intesa prevede che il cessate il fuoco entri in vigore 24 ore dopo il via libera del governo israeliano e dopo 72 ore inizi il rilascio degli ostaggi. Dopo la loro liberazione da parte di Hamas, l’esercito israeliano inizierà il suo graduale ritiro dalla Striscia di Gaza, mantenendo il controllo di circa il 53 per cento del territorio.

I tempi e le difficoltà per il rilascio degli ostaggi

Il portavoce del movimento di resistenza islamica, Hazem Qassem, ha detto alla tv satellitare al-Jazeera che “se le condizioni sul campo lo permetteranno” gli ostaggi “potranno essere rilasciati tutti insieme” e ha confermato che il gruppo ha “informato i mediatori delle difficoltà legate alla consegna dei corpi dei defunti”. Il sito di notizie israeliano Ynet ha ipotizzato l’intervento di una task force internazionale, con la partecipazione di Israele, Usa, Egitto, Qatar e Turchia, che dovrebbe collaborare a localizzare i corpi di quelli deceduti.

Le resistenze di Israele sulla liberazione di Barghouti

Sul punto dei detenuti palestinesi che dovrebbero essere scarcerati in cambio della liberazione degli ostaggi, resta da chiarire se ci saranno Marwan Barghouti e Ahmed Saadat. La portavoce dell’ufficio del premier israeliano Benjamin Netanyahu si è espressa in maniera negativa, mentre al-Arabiy al-Jadeed, giornale del Qatar, sostiene che lo Stato ebraico abbia accettato di scarcerarli. Le squadre di negoziatori stanno lavorando per superare gli ostacoli sulla questione. Molti dettagli spinosi non sono stati ancora affrontati e potrebbero richiedere ancora diversi round di negoziati. Tra i nodi più importanti, il disarmo di Hamas e il governo a Gaza nel dopoguerra.

Hamas dice no al Comitato di Trump

Prevedibile il “no” del gruppo militante palestinese alla proposta trumpiana di un “Consiglio per la Pace” ad interim che supervisioni l’amministrazione di Gaza, presieduto dallo stesso presidente statunitense, ritenuta “un ritorno all’era dei mandati e del colonialismo”.

Il comitato di supervisione, che includerebbe anche l’ex premier britannico Tony Blair, avrebbe il compito della gestione quotidiana dei servizi pubblici. Dovrebbe anche disporre dei finanziamenti per la ricostruzione di Gaza fino a quando l’Autorità Palestinese non completerà un programma di riforme e riprenderà il controllo dell’area.

Simboli e veti per Gaza

Tra le concessioni di entrambe le parti, alcune hanno anche un forte valore simbolico. I corpi dei fratelli Sinwar, Yahya e Mohammed, non verranno restituiti da Israele alla fazione palestinese. Lo ha riferito la Cnn citando una fonte ufficiale israeliana. Yahya Sinwar è stato uno dei fondatori del braccio armato di Hamas nella Striscia di Gaza, il capo del suo ufficio politico e la mente dell’azione del 7 ottobre.

Un nome “pesante” è anche quello di Marwan Barghouti. Per gli israeliani è un terrorista e uno dei principali responsabili della seconda Intifada. Per i palestinesi è il loro “Mandela”. The Economist l’ha definito “il prigioniero più importante del mondo”. Nel 2010, è stato candidato al Nobel per la Pace. Barghouti, ex segretario generale di Fatah in Cisgiordania e capo della milizia Tanzim, è il candidato più popolare ed autorevole per assumere la presidenza dell’Autorità nazionale palestinese (Anp).

Il viaggio di Trump in Egitto

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, a cui molti troppo frettolosamente vorrebbero fosse assegnato il Nobel per la Pace, si recherà in Egitto la prossima settimana. Lo ha annunciato il suo inviato speciale per il Medioriente Steve Witkoff, durante un incontro con il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi. Trump, è atteso a Gerusalemme la prossima domenica. Un evento programmato per lo stesso giorno presso la residenza del presidente israeliano Isaac Herzog è stato annullato “alla luce del previsto rilascio degli ostaggi, e dell’imminente visita del presidente degli Stati Uniti Donald J. Trump in Israele”, si apprende da un comunicato. Il tycoon ha indubbiamente portato a casa un grosso “risultato”, ma parziale. I precedenti storici, gli aspetti ancora non chiariti e l’allergia di Israele a rispettare i patti, sono motivi più che validi per osservare e raccontare i fatti con cautela.


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