Economia

Pnrr, questo sconosciuto. Ecco i progetti non fattibili. Fiducia sul nuovo piano

di Domenico Pecile -

PAOLO GENTILONI COMMISSIONE EUROPEA, RAFFAELE FITTO MINISTRO AFFARI EUROPEI


Di tutti i fronti con i quali si sta confrontando, quello del Pnrr è per il governo sicuramente quello più scivoloso, insidioso, caldo. Lo si è capito ieri, durante il dibattito in aula, alla Camera – in occasione della replica del ministro per gli Affari europei, le Politiche di coesione e il Pnrr, Raffaele Fitto – sul decreto recante disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza e del Piano nazionale degli investimenti complementari, nonché per l’attuazione della Politica agricola comune. Le opposizioni hanno sparato alzo zero contro il governo provocando momenti di tensione. Più volte hanno interrotto i lavori, contestando lo stesso ministro Fitto, tanto che è dovuta intervenire la presidente di turno dell’assemblea Anna Ascani, per riportare la calma. Per Fitto il Pnrr è un’opportunità che va resa concreta, al di là di evidenti e innegabili difficoltà. Il ministro giudica, infatti, “serio e molto complesso” il percorso che il governo si trova di fronte. “Sono i numeri e la dimensione della sfida che lo rendo no tale – ha commentato al termine dello spigoloso dibattito – ma abbiamo la consapevolezza che ci sia di fronte a noi un’opportunità e dobbiamo renderla concreta e attuabile tutti quanti assieme. L’idea è quello di aprire un tavolo di confronto serio su questo tema e il Parlamento è il luogo naturale per farlo”. Fitto ha poi aggiunto che il governo non ha l’angolo visuale della prossima scadenza. “È importante, lo faremo – ha aggiunto – ma per noi non c’è la scadenza di giugno, quella di dicembre. Questo governo ha quella scadenza nella quotidianità, ma anche l’idea di una visione perché la proiezione di questo governo è quella di una legislatura. Fitto si è detto consapevole che bisognerà dire quali interventi “non potranno essere finanziati. E questi interventi saranno presentati in Parlamento con delle schede che accompagneranno le ragioni per le quali nei tre anni che abbiamo davanti questi interventi non sono realizzabili. Oppure non dovremmo dire nulla e scoprire tra uno o due anni che quegli interventi non sono realizzabili? Io penso sia serio e responsabile farlo ora”.
Il commissario europeo all’Economia, Gentiloni, e il vice presidente esecutivo della Commissione europea, Dombrovskis, hanno ribadito che la scadenza resta la fine del 2026. “Anche se nulla è impossibile, la fine del 2026 rimane la scadenza che gli Stati membri devono rispettare per l’attuazione delle riforme e degli investimenti dei Pnrr e del Fondi Rrf, nell’ambito del “NextGenerationEU” perché una proroga è improbabile”, hanno sottolineato. Ma il premier Meloni si era detta non preoccupata per i ritardi. “Mancano soltanto 3 anni e 2 mesi al completamento del Piano, è evidente – ha aggiunto ieri Fitto – che adesso dobbiamo fare una verifica delle proiezioni sull’utilizzo delle risorse per capire quali si potranno spendere e quali non si potranno spendere”. Il ministro sarà sentito nell’aula del Senato il 26 aprile alle 12 per un’informativa su questi temi.
“Speriamo che finalmente si possano conoscere i nomi dei territori che vedranno i progetti programmati, modificati e speriamo non cancellati – ha ribadito il capogruppo del Pd al Senato, Francesco Boccia, al termine della riunione -. Insomma chiediamo che venga detta la verità in aula sui progetti che si intende modificare. Alla Camera stiamo discutendo il decreto Pnrr ma il Governo non dice ancora quali sono i progetti che saranno modificati o cancellati”. Ma il governo tira dritto e ribadisce che il Pnrr e le politiche di coesione 2021-2027 non sono intoccabili e si possono cambiare. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, incontrando il commissario Ue Hann aveva sottolineato che sul fronte degli investimenti e dello sviluppo “sia importante concordare a livello europeo un sistema di garanzie pubblico e privato per rilanciare egli investimenti strategici”. Aveva avuto modo di ricordare, tra le altre cose, che grazie al Pnrr sono previste 3mila assunzioni e stabilizzazioni dei precari nella Pubblica amministrazione.
Ma le rassicurazioni e i propositi del premier Meloni e dei vari ministri sono ritenuti assolutamente insufficienti dalla minoranza. Sempre ieri, il capogruppo Pd alla Camera, Chiara Braga, su Twitter ha scritto così: “Al governo da sei mesi, la destra rischia di far naufragare il Pnrr. Ritardi, confusione su governance, cantieri a singhiozzo e revisione progetti. Nessuna prospettiva chiara per mettere in sicurezza il più grande investimento per il futuro del nostro Paese”.

E che si tratti di una scommessa attorno alla quale si gioca una buona fetta della credibilità e del futuro del governo di centrodestra lo dimostra il fatto che il Pnrr rimane sotto la lente d’ingrandimento di imprese, industrie, ma anche dei Comuni. Questi ultimi, infatti, dopo gli anni di “carestia” economica dovuta al Patto di stabilità che aveva congelato quasi del tutto ogni investimento pubblico, potrebbero tirare un grande sospiro di sollievo e dare il via a tutta una serie di opere già programmate e che attendono, appunto, il disco verde del governo e dell’Ue. Ma non tutti i segnali sono confortanti. Dopo un 2022 che ha registrato più volte numeri da record, è diminuito nel primo trimestre 2023 il numero e il valore delle gare con risorse a valere sul Pnrr. Lo ha detto in un report l’Oice sui bandi di gara relativi a opere del Pnrr che certificano la sensibile diminuzione delle gare e del valore dopo il boom di fine 2022.

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