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Economia

Spesa da Tiffany: il prezzo degli alimentari è un lusso vero

di Giovanni Vasso -


Un peperone costa quanto un collier: toh, in quattro anni il prezzo degli alimentari è lievitato del 25%. Lo dice l’Istat che ci ripete, in numeri, cifre e dati, quello che purtroppo abbiamo imparato sulla nostra pelle e, soprattutto, nel nostro portafogli. Da quando è scoppiata la guerra in Ucraina, con lo choc energetico che ne è derivato e i prezzi delle bollette alle stelle, non abbiamo più avuto requie. E ogni volta che si entra al supermercato pare di stare da Tiffany. Prima l’impennata dell’energia, salita del 76% tra il 2021 e il 2022, poi tutto il resto. Già, perché, secondo gli analisti dell’Istat, l’esplosione dei costi di una materia prima fondamentale come, appunto, è l’energia si sono diffusi come un contagio inarrestabile lungo tutta la filiera alimentare. Prima i cibi non lavorati, poi quelli processati. L’aumento del prezzo dei generi alimentari ha interessato ogni angolo dell’agroalimentare dal momento che, sui produttori, s’è abbattuta pure la mannaia dei fertilizzanti. Che, come il gas prima dell’invasione russa dell’Ucraina, arrivava per lo più dalle aziende di Mosca. Una stangata che pesa e che continua a pesare sul ménage familiare degli italiani. Perché intanto i prezzi, anche a fronte di una sorta di stabilizzazione sul fronte energia, non sono mai calati davvero. E, anzi, hanno continuato a lievitare. Lentamente ma inesorabilmente. Così, oggi, ci ritroviamo a dover fronteggiare rincari medi stimati nel 25%. Fatto che, banalmente, induce gli italiani a spendere di più per mangiare di meno. Dati, quelli sulla spesa degli italiani, confermati anche dall’analisi di Ismea. Secondo cui nei primi sei mesi di quest’anno, l’esborso delle famiglie per la sola spesa alimentare è ulteriormente cresciuto: +5,2%. Un trend che raddoppia quello registratosi nel 2024 quando i prezzi salirono “solo” del 2 per cento rispetto all’anno precedente. La stangata colpisce, più di tutte le altre, le famiglie del Sud. Gli aumenti, nel Mezzogiorno, sono stati pari al 6,9%. Rincari, in termini percentuali, quasi doppi rispetto a quelli che si sono registrati al Nord Est (+3,5%) e, sicuramente, superiori a quelli rintracciati nelle altre macroaree del Paese: Centro (+5,2%), dal Nord-Ovest (+5%).

Di fronte a una situazione del genere, in un’epoca in cui un etto di affettati vale quasi quanto un anello, a tante (troppe) famiglie non rimane che tirar la cinghia. I consumatori di Assoutenti denunciano che, oggi, una su tre “è stata costretta nell’ultimo anno a tagliare la spesa per cibi e bevande”. E ancora: “Da ottobre 2021 ad oggi le vendite alimentari nel nostro Paese sono crollate in volume del -8,8%, ma nello stesso periodo i prezzi di cibi e bevande sono saliti di quasi il 25%”. Si paga di più, si mangia di meno. “Ad ottobre secondo l’Istat la carne rincara in media del +5,8% su anno con punte del +7,9%, per la carne bovina; le uova segnano un +7,2%, formaggi e latticini +6,8%, burro +6,7%, riso +4,6%. Per altri prodotti gli aumenti sono addirittura a due cifre: il cioccolato sale del +10,2%, il caffè del +21,1%, il cacao del +21,8%”, ha affermato il presidente Gabriele Melluso. Numeri da gioielleria, prezzi da capogiro per gli alimentari. Che fanno seguito a quelli diffusi dall’Unione nazionale dei consumatori secondo cui “in appena un mese il cioccolato è rincarato del 2,7%, i gelati costano il +2,6% in più, il cacao e il cioccolato in polvere il +2,1%”. Insomma, andare a fare la spesa è diventato oramai un lusso, altro che carrello bisognerebbe dotarsi di durometri e tester per l’oro. E non è una frase fatta. Purtroppo.

Per Adoc è giunta l’ora di azzerare l’Iva per dare una mano a chi non ce la fa. La presidente Anna Rea ha spiegato di aver chiesto ai parlamentari di inserire negli emendamenti alla manovra proposte come “l’azzeramento dell’Iva sui beni di prima necessità e la riduzione dell’Iva al 5% sui prodotti per la prima infanzia” oltre a “una fiscalizzazione degli oneri generali di sistema sulle bollette di elettricità e gas, per alleggerire i costi energetici che hanno contribuito ad alimentare la crescita dei listini alimentari e interventi urgenti sull’aumento dei redditi per sostenere il potere d’acquisto, tra i più bassi d’Europa”. Ma di fronte a tutto questo, la domanda, come diceva l’indimenticato e indimenticabile paladino dei consumatori Antonio Lubrano, nasce spontanea: chi sta speculando? O, per dirla in termini più politicamente corretti, chi si sta arricchendo mentre le famiglie si fanno fabbricare qualche buco in più alla cintura? Non gli agricoltori. Coldiretti, difatti, ci ha tenuto a specificare che i produttori, nella raffica di aumenti che hanno portato i pomodori a costare quanto un bracciale tennis, non c’entrano nulla.  E, anzi, l’organizzazione rincara la dose asserendo che “i prezzi pagati agli agricoltori sono in caduta libera”: -17% per il riso, -13 per cento per il grano duro, -56% per l’uva,-33% per la lattuga e per i pomodori si parla di un 40% in meno. Ribassi che risentono della forte concorrenza straniera che “piazza” beni agricoli a prezzi stracciati rispetto a quelli prodotti in Italia. L’ultimo caso riguarda addirittura l’olio d’oliva che rischia di finire stritolato perché i prezzi sono calati del 27% a causa, dicono sempre da Coldiretti, della concorrenza che arriva per lo più dal Nord Africa e dalla Tunisia. Resta, però, un problema. I produttori si lamentano per i costi alti e i guadagni che rasentano lo zero. I consumatori, tutti i giorni, si ritrovano di fronte a prezzi da gioielleria per la spesa di tutti i giorni. Dove, precisamente, si determinano queste distorsioni che mettono l’Italia a dieta forzata? Ai posteri, o magari alle autorità garanti del caso, ai Mister Prezzi e agli osservatori specializzati l’ardua sentenza. Nel più breve tempo possibile, però. Prima che, a furia di digiunare, del Paese non rimanga neanche l’ombra. E nemmeno i gioielli.


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