Attualità

PRIMA PAGINA – La resa (dei conti) tra Biden e Putin

di Adolfo Spezzaferro -


La pace in Ucraina (con la resa di Kiev) – una volta raggiunti gli obiettivi della Russia -, la guerra a Gaza e la crisi mediorientale, il rapporto con gli Stati Uniti: il presidente russo Vladimir Putin si muove molto a suo agio nel “suo” mondo, ora che è di nuovo al centro dello scacchiere globale. Proprio in una fase in cui il presidente Usa Joe Biden è più che debole che mai – con l’impeachment e l’ennesima tranche di soldi al presidente ucraino Volodymyr Zelensky bloccata dai repubblicani – mentre, come sottolinea il leader del Cremlino, gli aiuti a Kiev stanno finendo, Mosca apre a Washington, purché rispetti la Federazione russa.
Putin dunque si gioca la carta del dialogo forte della situazione delicata per Biden, alle prese con Israele che non intende fermarsi con la distruzione sistematica della Striscia di Gaza. In oltre quattro ore di conferenza stampa di fine anno, in cui ha risposto a oltre 70 domande, a proposito degli Usa Putin ha detto: “Non è vero che li odiamo. Li consideriamo un Paese importante e utile al mondo, ma questa politica assolutamente imperiale ostacola loro stessi. Perché nell’immaginario collettivo, si devono comportare come un impero. Quando saranno avvenuti certi cambiamenti interni (la rielezione di Trump, ndr), quando cercheranno dei compromessi senza provare a risolvere le proprie questioni con sanzioni e azioni belliche, allora forse ci saranno le condizioni fondamentali per ripristinare le relazioni a pieno titolo. Per ora, non ci sono. Ma noi siamo pronti”. Parole che fanno il paio con la risposta data su quando finirà la guerra in Ucraina: “Quando avremo raggiunto i nostri obiettivi, che non sono cambiati. Vi ricordo di cosa parlavamo all’inizio: della denazificazione e demilitarizzazione dell’Ucraina, del suo status neutrale. Oggi l’Ucraina non produce quasi niente. Tutto gli viene fornito, scusatemi l’espressione, a sbafo. Ma questo, a quanto pare, sta finendo. Sono stati riforniti di 420-439 carri armati occidentali, ma solo dall’inizio della cosiddetta controffensiva, come promesso ne abbiamo distrutti 747, oltre a quasi 2.300 autoblindo. Questa è appunto la demilitarizzazione”. La posizione della Russia è evidente: sì al dialogo con gli Usa ma intanto l’operazione militare speciale va avanti, fino alla fine. E se la Nato sembra rialzare la testa, affermando bisogna impedire a Putin di vincere in Ucraina perché dopo non si fermerà, e facendo stanziare ai membri dell’alleanza un aumento del budget del 12% (a 2.030 miliardi di euro) per gli armamenti, l’Europa è stanca delle guerre. Ma se sul fronte degli Stati Uniti bisognerà aspettare che cambi la postura bellicosa e belligerante (con il ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump, dato per favorito alle presidenziali 2024), nel mondo multipolare le due guerre in corso fanno gioco proprio alla Russia. Quella nel Donbass chiaramente perché le forze russe stanno vincendo, quella a Gaza perché nel loro sostegno incondizionato al governo del premier israeliano Bibi Netanyahu e all’invasione della Striscia dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre, Usa e Europa si stanno sempre più isolando.

La resa dell’Ucraina e il dialogo con l’Europa


Ecco perché Putin si rivolge all’Europa, sottolineando che a interrompere i rapporti non è stata di certo Mosca: “Abbiamo subito il deterioramento di queste relazioni, si è cercato di accantonarci in secondo piano, trascurando i nostri interessi. Il fatto è che in misura notevole i Paesi europei hanno perso la propria sovranità. Infatti, stanno prendendo molte decisioni a proprio danno. Ricordiamo come è cominciato il conflitto in Ucraina. Da un colpo di Stato. In fin dei conti i russi e gli ucraini sono un unico popolo e quello che sta succedendo ora è una enorme tragedia simile ad una guerra civile. L’irrefrenabile volontà di avvicinarsi strisciando ai nostri confini inglobando anche l’Ucraina nella Nato, tutto questo ha portato a questa tragedia”.
Quando la Russia si siederà al tavolo dei negoziati, lo farà da una posizione di vantaggio, dopo aver vinto la guerra. E’ questo il punto, ormai – folle invece pensare di poter prolungare il conflitto continuando a inviare soldi e armi a Zelensky. Ecco, questo l’Europa deve dire alla Nato e agli Usa: basta guerre.


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