Cultura & Spettacolo

Quella Costituzione del 1849 così attuale

di Redazione -

1849, celebrazione della proclamazione della costituzione della Repubblica Romana


di GINO ZACCARI
9 febbraio 1849, in piazza del Campidoglio a Roma, viene proclamata la nascita della Repubblica Romana, nella notte, un giovanissimo Goffredo Mameli scriveva a Mazzini: Roma Repubblica venite.
Tutto aveva avuto origine parecchi mesi prima, quando sull’onda dei moti del 1848, partiti dalla Sicilia e diffusisi in tutta Italia e in Europa, Pio IX aveva voluto assecondare la spinta riformatrice con una serie di riforme, culminate con la promulgazione di una costituzione. Aveva perfino mandato un esercito a combattere al fianco di Carlo Alberto contro gli austriaci nella Prima guerra d’indipendenza, mettendo così la sua posizione di capo della Chiesa universale in aperto contrasto con quella di capo di uno Stato italiano che ne attacca uno estero, cattolico. Ma mentre a Roma si festeggiava e si inneggiava al papa riformatore, gli ambienti conservatori, italiani ed esteri, passavano al contrattacco facendo pressioni di ogni genere sul papato e alimentando una contropropaganda antidemocratica. La tensione salì fino a quando l’assassinio del primo ministro Pellegrino Rossi costrinse il pontefice a cedere a quanti lo consigliavano di andare via da Roma. E’ una fuga rocambolesca, in incognito, di notte, con cambio di cavalli e carrozze, vestito da prete semplice e con destinazione il Regno delle Due Sicilie. Il 18 febbraio, da Gaeta, il segretario di Stato pontificio, il cardinale Antonelli, invia una nota diplomatica alle potenze cattoliche di Austria, Francia, Spagna e Regno delle due Sicilie con la richiesta di intervenire per deporre la “fazione” (La Repubblica non fu riconosciuta come stato), che aveva preso il controllo dei domini papali. Con motivazioni diverse, ma comunque ognuna per i propri specifici interessi, le potenze straniere accorsero.
A Roma anche la Repubblica ha chiamato dei difensori: sono patrioti e rivoluzionari da tutta Italia, e da diverse parti d’Europa. Tra gli altri ci sono Garibaldi, con la sua banda di guerriglieri variopinti e apparentemente indisciplinati, c’è Luciano Manara, con 500 bersaglieri lombardi e ci sono migliaia di volontari di ogni provenienza che si raccolgono nella milizia irregolare. A questi vanno aggiunti 6mila soldati romani che sono rimasti con la Repubblica, centinaia di appartenenti alle forze di polizia e perfino il Battaglione della Speranza, formato da ragazzini dai 13 ai 17 anni. Il governo è affidato al triunvirato formato da Mazzini, Saffi ed Armellini.
L’Esercito francese arriva il 29 aprile nei pressi del Gianicolo. Garibaldi comanda la difesa con quartier generale a villa Savorelli. Il 30 aprile inizia l’attacco. La superbia francese giocherà a favore di Garibaldi che manovra in modo da dividere le forze dell’avversario, fa uscire il battaglione universitario da Villa Corsini verso Porta Cavalleggeri per prendere i francesi alle spalle, questi reagiscono e fanno indietreggiare gli italiani penetrando in parte dentro Villa Pamphilij, quello che sembra un successo è un errore fatale, i francesi hanno diviso le forze, Garibaldi esce a cavallo da Porta San Pancrazio e fa attaccare la prima brigata alla baionetta, i francesi sono presi tra due fuochi e vanno nel panico, via Aurelia antica è imbuto senza scampo. Il resto dell’esercito francese è preso sotto i tiri dell’artiglieria e deve indietreggiare, il 20° fanteria francese, accerchiato da Garibaldi, è annientato, un capitano dell’armata di Francia alza bandiera bianca per salvare i superstiti. Quei francesi catturati saranno trattati con tutti i riguardi e restituiti alla Francia in segno di amicizia tra le due repubbliche, ma non servirà a nulla. Eppure quando vengono rilasciati l’opinione pubblica francese è scossa, il parlamento si spacca e vince la linea diplomatica: deve essere mandato a Roma un diplomatico a trovare un accordo. Luigi Bonaparte, con le elezioni in vista, non vuole mettersi in minoranza e quindi accetta di mandare un diplomatico, Ferdinand de Lesseps, a trattare, ma segretamente promette rinforzi al generale Oudinot che comanda il corpo di spedizione.
A Palestrina e a Velletri viene sconfitto Ferdinando di Borbone e le sue truppe, ma nel frattempo anche gli spagnoli arrivano in Italia sbarcando a Terracina, mentre gli austriaci avanzano in Romagna e nelle Marche. L’unica speranza è che la Francia desista dal suo attacco ma le elezioni vanno male, vince l’ala conservatrice e il trattato che firma de Lesseps viene sconfessato. Il generale Oudinot scrive a Roma che la tregua è decaduta, tuttavia si impegna a non attaccare prima di lunedì 4 giugno, è una menzogna scritta e firmata: nella notte tra il 2 e il 3 giugno ordinerà l’assalto. Le truppe italiane combattono con tutte le forze ma è un massacro, i continui tentativi di riprendere le posizioni perse falliscono, in serata Roma viene posta sotto un pesante cannoneggiamento indiscriminato, verranno colpiti chiese e monumenti, suscitando tra l’altro l’indignazione dei diplomatici residenti a Roma che scriveranno una nota di protesta alla Francia. Roma resisterà ostinata per un mese, ma il 30 giugno Porta San Pancrazio, perno della difesa, cade. Luciano Manara morirà difendendo villa Spada, conquistata lo stesso giorno. Il 3 luglio i francesi entrano da vincitori dopo la capitolazione della Repubblica, saranno accolti solo con sdegno e insulti da una popolazione che era stata tradita. Garibaldi esce da Roma per andare a difendere Venezia che ancora resiste, con lui molti reduci dell’esercito romano, volontari tra i quali c’è Ciceruacchio, leader dei trasteverini che sarà catturato e ucciso dagli austriaci. Anita, incinta di sei mesi, segue Garibaldi ma morirà nel tragitto, colpita da febbri malariche. Il giovane Mameli morirà il 6 luglio per i postumi delle ferite riportate in battaglia.
Intanto a Roma i francesi non riescono ad impedire la cerimonia di promulgazione della costituzione, considerata tra le più avanzate dell’800 e fonte di ispirazione per la Costituzione della Repubblica Italiana varata 100 anni più tardi.

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