Cultura & Spettacolo

Quell’isola e il dolore della perdita 

di Angelo Vitale -


Un’isola sferzata dal vento. Una chiamata di emergenza. Una missione di soccorso. Un campo sportivo. Un elicottero che impazzisce stronca la vita di Antonio, elicotterista della Polizia di Stato e di Nina, infermiera di Procida. Una storia vera. Dovevano salvare un ragazzo, muoiono entrambi in un’isola che conosce il dolore della perdita, per i tanti procidani nel corso degli anni morti in mare.
Al dovere della memoria richiama il libro “Echi lontani” di Paolo Miggiano per Terra Somnia editore, per non dimenticare il loro sacrificio. La tragedia, 27 anni fa. Oggi, il grido silenzioso di Nina e Antonio, colto e trasferito anche all’interno di un progetto editoriale che rievoca le loro vite. Due ragazzi del Sud che sicuramente non volevano diventare eroi, ma fare solo il loro dovere.
Così, già nel novembre scorso, dall’altura di Terra Murata, nell’abbazia di San Michele Arcangelo, ancora una volta sono riecheggiate a Procida le loro parole, durante lo spettacolo “Le mie lacrime non le vendo – Dialogo tra la donna dell’isola e l’uomo della barca” con il testo di Paolo Billi e Davide Forbicini,le note di Luca Signorini al violoncello, le voci di Viviana Venga e Fulvio Accogli.
Pensato come uno scrigno di memoria, come un luogo dove raccogliere l’intero svolgersi degli eventi che portarono alla tragedia di Procida e ai successivi sviluppi, il libro di Paolo Miggiano contiene nella sua ultima sezione proprio il testo della spettacolo. Prima, però, “Cielo tagliente – Indagine a bassa quota”, la ricostruzione romanzata della vicenda. A seguire, la riproposizione di un “Dialogo impossibile” tra la figura di Antonio e un non meglio definito amico. E ancora, la riedizione aggiornata del volume “Morire a Procida” che fu pubblicato a un anno dalla tragedia, nell’immediatezza e nella persistenza del dolore, con le testimonianze degli amici e dei colleghi di Nina e Antonio, un documento ancora straordinariamente vibrante che fa comprendere chi fossero realmente queste due belle persone.
Antonio Raimondo – oggi, recensendo questo libro, ritrovo nella sua foto il sorriso e il fare giocoso che conobbi decenni fa incrociandolo quasi ogni ogni giorno nello spaccio della Scuola dell’Aeronautica militare ove lui formava la sua specializzazione e io svolgevo il servizio militare – era “un poliziotto vero”. Nina Scotto di Perrotolo aveva scelto con dedizione la professione infermieristica come stile di vita. E forse, è scritto nel libro, quel giorno poteva essere salvata.
“Ora – scrive Miggiano – le storie di Antonio, di Nina, di Vincenzo, l’anziano e malato padre, dei sui fratelli Tommaso e Antonio o di sua madre Lucia, di recente scomparsa e che nonostante un dolore così grande ha sempre sorriso e guardato con fedealla vita, sono ormai in procinto di essere dimenticate. Non possiamo permetterlo. Nina e Antonio provarono a salvare un’altra persona, senza pensare alla loro salvezza e noi adesso abbiamo il dovere di ricordarci di loro, di rievocare quel loro sacrificio”.

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