Cultura & Spettacolo

Quindici anni senza Gianfranco Funari: unicum del mondo dello spettacolo italiano

di Filippo Tabacchi -


Quindici anni fa, un ventenne non lo ha mai sentito nominare, lasciava questo mondo ed entrava nel Pantheon della televisione Gianfranco Funari, un unicum del mondo dello spettacolo del belpaese. E’ stato tutto: attore, cabarettista, conduttore, opinionista, polemista. Ricco e strapagato contro i ricchi, prepotente con i potenti, socialista ed anti craxiano mai passando per il craxismo per poi tornare indietro e senza mai pentirsi, perché il pentimento va lasciato ai preti e agli uomini di Chiesa.

E’ stato ricco, sfrontato, povero, senza lavoro e con troppo lavoro, giustizialista e garantista, bucava la tv, schiaffeggiando dal tubo catodico le gonne delle mamme in cucina e i papà in pausa pranzo con la sua aggressività portata all’eccesso, col suo populismo che ti turbava ma che che lasciava un segno, una staffilata di parole con quegli occhiali azzurrati che usavano solo lui e Califano.

Mani Pulite lo eccitò per poi deluderlo amaramente, megafono urlante e sessantaquattro denti in primissimo piano. Viziato, un passato da croupier e da giocatore, il fumo delle sigarette sempre accese in studio, in camera, in bagno, forse fumò anche mentre dormiva. Silvio se ne innamorò anche perché Funari sapeva vendere, non con la compostezza e l’aplomb italoamericano di Mike ma con la verve di un ambulante ed il suo banco ipnotizzava il pubblico. Poi si mandarono a fanculo lui e B. Perché Funari sapeva rovinare tutto e risorgere come fenice, conteso dalle tv a uso di miliardi e quel sorriso ironico, beffardo da , schiaffi, o lo odiavi o lo amavi, la vita senza mezze misure. Ci mancano personaggi estremi, a dir poco estremisti come Gianfranco.


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