Referendum: quando la sinistra perde vuole cambiare le regole
Il non raggiungimento della maggioranza alle urne ha scatenato polemiche e proposte. tra queste quella di abbassare il quorum
Il risultato dei recenti referendum ha mostrato un segnale chiaro: il quorum non è stato raggiunto. Nonostante la rilevanza dei temi in gioco, l’affluenza degli italiani è rimasta sotto la soglia per rendere validi gli esiti.
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Referendum fallito: la soluzione della sinistra
Questa volta però vi è stata una fortissima pubblicità e propaganda, dove l’opposizione si è fortissimamente schierata a favore del sì. Ma è in questo contesto che il leader dei Cinquestelle, Giuseppe Conte, ha avanzato una proposta: abbassare il quorum per i referendum abrogativi, rendendo valido il voto con una partecipazione limitata. Abbassare il quorum, che rappresenta metà degli italiani aventi diritto cristallizza il fatto che una fortissima minoranza può imporre la propria volontà su una forte maggioranza costituita da astensioni e contrari al referendum.
La proposta, tuttavia, solleva una questione ben più profonda e delicata oltre il Referendum: ogni volta che la sinistra – o chi oggi ne rappresenta le istanze – perde una partita democratica, invece di prenderne atto e riflettere sulle ragioni della sconfitta, tende a voler riscrivere le regole del gioco. È un copione che si ripete: invece di proporre programmi convincenti, capaci di parlare agli italiani, si preferisce agire sulle strutture della democrazia stessa, tentando di favorire le minoranze organizzate e rumorose. Il principio basilare della democrazia, però, è semplice: vince chi ottiene il consenso della maggioranza. Alterare questo meccanismo per permettere alle minoranze di prevalere significa aprire la porta a un pericoloso precedente.
Se si modifica la soglia di partecipazione per i referendum oggi, domani chiunque potrà utilizzare regole più deboli per legittimare governi fondati su minoranze di nicchia. E questo, in un Paese come l’Italia, dove la frammentazione politica è strutturale, rischia di generare instabilità, scarsa rappresentatività e un crescente scollamento tra cittadini e istituzioni.
Anziché cambiare le regole sarebbe forse più utile tornare a confrontarsi con la realtà del Paese, ascoltare e proporre politiche credibili. Perché la vera forza della democrazia non è nel favorire chi urla di più, ma nel dare voce a chi rappresenta il popolo. E quel popolo ha deciso con un gesto che vale più di mille parole: non partecipare. Anche questo, democraticamente, è un messaggio. Quindi non è sufficiente chiamarsi democratici perché il nome qualche volta non rappresenta la sostanza; peccato per loro perché nella vita quel che conta non sono i nomi!
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