Regionali, Schlein alla prova dei cacicchi: più compromessi che rivoluzioni
Quando Elly Schlein nel marzo 2023, appena eletta segretaria del Pd, tuonò davanti all’assemblea nazionale del suo partito contro “capibastone e cacicchi vari” parlando addirittura di “mali da estirpare” l’intento era chiaro: aria nuova, facce nuove. Basta “signorotti locali” che decidono chi sale e chi scende, chi si candida e chi resta fuori. L’intento, appunto. Ma la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni e anche a questo giro, con le elezioni regionali alle porte, la realtà ha un gusto molto meno rivoluzionario e molto più condito di compromessi. Prendiamo la Toscana. Qui il “cacicco” ha il volto pacioso – e le mani ben salde sul manubrio del potere regionale – di Eugenio Giani, il governatore uscente che fra il taglio di un nastro e una sagra nei tanti borghi iconici del territorio, ha saputo conquistare la fiducia dei suoi corregionali. Proprio lui, che Schlein avrebbe voluto relegare alla categoria delle archeologie politiche, è diventato il perno attorno a cui ruota la tanto invocata strategia del “campo largo”: due giorni fa Pd e 5 Stelle – sempre stato all’opposizione in Toscana – hanno trovato un’intesa con Giani: un accordo in 23 punti che include persino un “reddito di cittadinanza regionale”. Insomma, altro che rottura coi cacicchi: qui si vezzeggia con programmi condivisi e promesse elettorali dal retrogusto movimentista. Oggettivamente pensare, come pur dalle parti del Nazareno si era provato a fare, ad una candidatura alternativa sarebbe stato un suicidio assistito. E che dire della Campania? Rara ingenuità o spocchiosa sottovalutazione illudersi che Vincenzo De Luca, che regna incontrastato da illo tempore, non avrebbe venduto la pelle a caro prezzo? Nella fattispecie: il figlio Piero nuovo segretario regionale – ipotesi che proprio non va giù ai dem locali -, un paio di liste di riferimento e un assessorato di peso in caso di vittoria in cambio dell’appoggio al candidato in pectore Roberto Fico. Schlein aveva promesso di estirpare certe logiche, ma con De Luca ci si deve parlare, eccome: se provi a sfidarlo, rischi che alle urne ti resti in mano il cerino acceso. E allora ecco che la rivoluzione dei toni forti si stempera in una diplomazia fatta di trattative dietro le quinte. Altro che “caccia grossa” ai capibastone… È la dura legge della politica: si predica la purezza, si pratica il compromesso. Con chi ha i voti sul territorio e con Giuseppe Conte, l’intesa con il quale è cercata e perseguita da Schlein alla stregua dei cavalieri della Tavola Rotonda col Santo Graal.parlando addirittura di “mali da estirpare” l’intento era chiaro: aria nuova, facce nuove. Basta “signorotti locali” che decidono chi sale e chi scende, chi si candida e chi resta fuori. L’intento, appunto. Ma la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni e anche a questo giro, con le elezioni regionali alle porte, la realtà ha un gusto molto meno rivoluzionario e molto più condito di compromessi. Prendiamo la Toscana. Qui il “cacicco” ha il volto pacioso – e le mani ben salde sul manubrio del potere regionale – di Eugenio Giani, il governatore uscente che fra il taglio di un nastro e una sagra nei tanti borghi iconici del territorio, ha saputo conquistare la fiducia dei suoi corregionali. Proprio lui, che Schlein avrebbe voluto relegare alla categoria delle archeologie politiche, è diventato il perno attorno a cui ruota la tanto invocata strategia del “campo largo”: due giorni fa Pd e 5 Stelle – sempre stato all’opposizione in Toscana – hanno trovato un’intesa con Giani: un accordo in 23 punti che include persino un “reddito di cittadinanza regionale”. Insomma, altro che rottura coi cacicchi: qui si vezzeggia con programmi condivisi e promesse elettorali dal retrogusto movimentista. Oggettivamente pensare, come pur dalle parti del Nazareno si era provato a fare, ad una candidatura alternativa sarebbe stato un suicidio assistito. E che dire della Campania? Rara ingenuità o spocchiosa sottovalutazione illudersi che Vincenzo De Luca, che regna incontrastato da illo tempore, non avrebbe venduto la pelle a caro prezzo? Nella fattispecie: il figlio Piero nuovo segretario regionale – ipotesi che proprio non va giù ai dem locali -, un paio di liste di riferimento e un assessorato di peso in caso di vittoria in cambio dell’appoggio al candidato in pectore Roberto Fico. Schlein aveva promesso di estirpare certe logiche, ma con De Luca ci si deve parlare, eccome: se provi a sfidarlo, rischi che alle urne ti resti in mano il cerino acceso. E allora ecco che la rivoluzione dei toni forti si stempera in una diplomazia fatta di trattative dietro le quinte. Altro che “caccia grossa” ai capibastone… È la dura legge della politica: si predica la purezza, si pratica il compromesso. Con chi ha i voti sul territorio e con Giuseppe Conte, l’intesa con il quale è cercata e perseguita da Schlein alla stregua dei cavalieri della Tavola Rotonda col Santo Graal.
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