Roma, l’eterno ritorno dei dehor: proroga fino a marzo 2026 mentre l’Europa si è già “regolata”
Roma si concede l’ennesimo rinvio sulla questione dehor. L’Assemblea Capitolina ha approvato una proroga fino al 31 marzo 2026 per la presentazione delle domande di adeguamento al nuovo regolamento sulle occupazioni di suolo pubblico. Una dilazione che assomiglia ad un déjà-vu in una città che dal 2020 – anno dell’emergenza Covid – non riesce a voltare pagina su tavolini, sedie e pedane che hanno invaso strade e piazze della Capitale.
“Con il sindaco abbiamo mantenuto la parola data alle categorie”, ha dichiarato l’assessora alle Attività produttive Monica Lucarelli, giustificando lo slittamento come necessario per “accompagnare in modo ordinato l’applicazione del nuovo regolamento”. Ma la realtà è che Roma, a differenza di altre capitali europee, continua a navigare a vista in un mare di proroghe che si accavallano da cinque anni.
I numeri di un’occupazione senza precedenti
A Roma si contano circa tre mila esercizi con dehor, concentrati soprattutto nel centro storico. Nel solo I Municipio – quello che comprende Trastevere, Campo de’ Fiori, Piazza Navona – gli esercizi di ristorazione sono 2.500. Durante la pandemia lo spazio pubblico occupato dagli arredi nel centro è aumentato del 41% rispetto al periodo pre-Covid. Un’espansione selvaggia che ha trasformato marciapiedi storici in corridoi angusti tra tavoli e ombrelloni.
Il Comune stima che almeno il 15% delle occupazioni sia completamente abusivo, ma secondo alcune fonti la percentuale potrebbe arrivare al 63%. Numeri che fanno impallidire se confrontati con altre città europee dove, passata l’emergenza sanitaria, si è rapidamente tornati alla normalità regolamentata.
Parigi docet: la burocrazia funziona
Nella Ville Lumière esistono circa 2.700 autorizzazioni attive per terrasse estive, regolamentate da un sistema rodato che prevede permessi di due mesi di validità, orari stringenti (fino alle 23:00 dal 21 giugno al 14 settembre, poi alle 22:00 fino al 31 ottobre) e rimozione obbligatoria del mobilio ogni sera. Il regolamento parigino, aggiornato ad aprile 2024, distingue tra terrassede chiuse, aperte ed estive, con parametri precisi su dimensioni, materiali e posizionamento. Nessun regime emergenziale perpetuo, nessuna proroga infinita.
A Madrid, dove pure la movida è un asset economico fondamentale, il Comune ha definito percentuali massime di occupazione per vie e quartieri, stabilendo regole chiare dopo il periodo pandemico. Barcellona ha mantenuto i suoi tavolini nelle zone turistiche ma con una regolamentazione rigorosa, senza inseguire l’emergenza a colpi di decreti.
Il nuovo regolamento romano: tre zone, tre velocità
Il regolamento approvato da Roma divide la città in tre macro-aree. Nel sito Unesco – che comprende i Fori, il Colosseo, il Circo Massimo – si potrà occupare fino a un terzo della superficie interna del locale. Nella città storica il limite sale a due terzi, mentre nel suburbio si arriva ai tre terzi. Pedane vietate in alcune zone del centro, consentite in altre con limiti di dimensione.
Una rivoluzione sulla carta, che abbandona il vecchio criterio del “fronte vetrina” – spesso arbitrario e generatore di rendite di posizione – per parametri più oggettivi basati sulla superficie interna comprensiva di cucine e servizi igienici. Perché cinque anni per arrivare a scrivere regole che Parigi applica da decenni?
Il valzer delle proroghe
Nel frattempo il Governo centrale continua a complicare il quadro. Prima la proroga al 31 dicembre 2024, poi quella al 31 dicembre 2025, ora spunta l’ipotesi di un’ulteriore estensione fino al 30 giugno 2027 con l’emendamento del senatore Costanzo della Porta al ddl Semplificazioni. Una mossa che ha fatto saltare sulla sedia l’assessora Lucarelli: “Prolungare fino al 2027 misure nate in fase eccezionale significa alterare l’equilibrio urbano, favorire distorsioni di mercato e creare due categorie di operatori”.
Roma ha fatto i compiti – un nuovo regolamento esiste – ma il Governo sembra voler trasformare l’eccezione in regola permanente, scontentando sia i sindaci che hanno lavorato per riportare ordine, sia i residenti esasperati dall’invasione dei tavolini.
Residenti contro commercianti: la battaglia del centro
“Alcune strade sono letteralmente occupate”, ha denunciato Lucarelli, ammettendo che la situazione è sfuggita di mano. Lorenza Bonaccorsi, presidente del I Municipio, è ancora più dura: la proroga governativa “decide di non decidere, senza considerare le esigenze dei territori maggiormente colpiti come il centro storico”.
Dall’altra parte della barricata, le associazioni di categoria rivendicano il diritto alla sopravvivenza. Claudio Pica di Fiepet-Confesercenti sottolinea come i dehor siano diventati “un’appendice del locale per 12 mesi l’anno”, fonte di guadagno e occupazione. Sergio Paolantoni di Fipe Confcommercio parla di “boccata d’ossigeno per il comparto”.
Il nodo Giubileo e la credibilità perduta
Con il Giubileo 2025, Roma si presenta al mondo con un centro storico ancora in regime emergenziale. Una contraddizione stridente per una città che vuole attrarre milioni di pellegrini e turisti mostrando il meglio di sé. Parigi durante le Olimpiadi 2024 ha esteso gli orari dei dehor fino a mezzanotte, ma sempre all’interno di regole precise. Roma insegue proroghe su proroghe.
La scadenza del 31 marzo 2026 per presentare le domande di adeguamento dovrebbe essere davvero l’ultima chiamata. Chi non si metterà in regola decadrà dall’autorizzazione. Ma quanti romani – e quanti turisti – ci crederanno ancora dopo cinque anni di rinvii? L’Europa ha voltato pagina. Roma continua a girare in tondo.
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