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Salario minimo, la sfida Pd e Meloni apre: “Ma perplessa”

di Giovanni Vasso -

GIORGIA MELONI PREMIER


Salario minimo, ecco Meloni. È iniziato il gioco dei nove (euro). La politica si ferma, giusto un attimo, per decidere se combattere il lavoro povero, autentica piaga di un’economia che l’Fmi conferma in ottima salute, a colpi di decreto. Giorgia Meloni e la sua maggioranza, dopo aver utilizzato parole durissime contro la paga minima fissata per legge, apre a un confronto. La minoranza, però, vuole i fatti. E, soprattutto, spera che il governo non le scippi la bandiera, una delle poche unitarie rimaste tra M5s, Avs e Pd e, soprattutto, l’ultimo collante delle correnti dem.

Adelante, con juicio. Avanti ma con molta calma. Intervistata ieri mattina a Rtl 102.5, la premier apre al confronto sul tema del salario minimo. In radio, Meloni ribadisce di nutrire più di una perplessità legata al fatto che, invece di venir percepita come limite sotto il quale nessuna retribuzione può andare, finisca per essere applicata come asticella invalicabile verso l’alto: “Il salario minimo è un tema su cui ho dubbi, è un bel titolo, funziona come slogan ma nella applicazione rischia di creare problemi”. Per la presidente del consiglio il pericolo è che si affermi come  “un parametro al ribasso sul salario dei lavoratori”. Giorgia Meloni ci tiene a precisare di sapere, perfettamente, che in Italia c’è un (grave) problema con gli stipendi: “Voglio tranquillizzare tutti, nessuno più di me si rende conto di quanto il problema sui salari c’è, noi ci abbiamo lavorato”. E ci tiene a punzecchiare il Pd: “Sono incuriosita dall’opposizione, al governo per 10 anni, scopre che c’è il problema del salario e del precariato e lo considera un problema del governo che c’è da nove mesi e non delle politiche precedenti. Si figuri se qualcuno che ha l’obiettivo di abbassare le tasse sul lavoro non capisce il problema dei salari in Italia”. Tuttavia, una mano tesa non si ignora. E Meloni, se sceglie di confrontarsi sul salario minimo, è per “dare un segnale” dopo l’appello di Azione: “Ho letto gli appelli di Calenda, c’è una opposizione che si pone in modo responsabile, serio, garbato, non pregiudiziale. È giusto dare un segnale, indipendentemente dal fatto che poi troveremo una soluzione al problema. Apriremo il confronto e cercheremo di capire se c’è una soluzione”.

Calenda, dunque, rischia di diventare il centro politico della discussione sul salario minimo. Le parole che hanno convinto Meloni pongono Azione nella posizione di chi è pronto a sostenere e a votare “un buon provvedimento” anche se “sarà presentato dalla destra”. Carlo Calenda, che non è esattamente un pericoloso bolscevico, strizza l’occhio alla premier: “Il salario minimo è necessario, perché c’è gente che lavora e deve essere pagata per arrivare a fine mese. Se la destra presenta un buon provvedimento lo voteremo. Giorgia Meloni viene da una destra sociale, non da una destra liberista, può capire perfettamente”. E poi, con l’altro, lancia un segnale di vicinanza al vicepremier Antonio Tajani. “Sono molto felice di questa proposta, perché è esattamente, ripeto, esattamente, quanto previsto dalla nostra proposta sul salario minimo”.

Forza Italia non ha fatto alcun passo indietro rispetto alle critiche, profonde, rivolte allo strumento del salario minimo. Ha presentato una controproposta che, secondo Tajani, renderà le retribuzioni più ricche, fino a 1.500 euro l’anno. “Il modo migliore per cercare di dare salari ricchi ai dipendenti è utilizzare la contrattazione collettiva – ha spiegato il segretario di Forza Italia -. Sapete bene che in Italia il 90% dei lavoratori ha un contratto collettivo, però una parte ha contratti non adeguati, a volte sono anche contratti pirata, indecenti, che retribuiscono il lavoratore in maniera inaccettabile. Ecco perché nella nostra proposta di legge c’è l’idea di adeguare ai contratti collettivi tutti gli stipendi dei lavoratori, basandosi sulle notizie che ha l’Inps”. Un’altra strada indicata da Fi “inizia con una detassazione delle retribuzioni oltre lo stipendio. Un modo per fare avere al lavoratore più di quanto riceve oggi. Dai conti che abbiamo fatto si potrebbe trattare di un aumento annuo tra i mille e i duemila euro”. Il taglio del cuneo fiscale, dunque, rappresenta per gli azzurri “un contributo serio, credibile, responsabile, senza promesse irrealizzabili anche dal punto di vista finanziario che può rappresentare veramente un punto di incontro se vogliamo dare risposte concrete ai nostri lavoratori”.

Elly Schlein prova, intanto, a riguadagnare il centro del ring politico. Replica piccata a Meloni sul salario minimo, ma ribadisce di voler credere all’apertura di un dialogo e pone delle precise condizioni. Durante una conferenza stampa a Montecitorio, Schlein ha tuonato: “Faccio fatica a capire come si possa definire slogan la condizione di tre milioni e mezzo di lavoratori. Questa è un’emergenza del paese, c’è stata una discussione di 4 mesi con audizione e approfondimenti, hanno avuto tutto il tempo per riflettere. Noi siamo disponibili al confronto ma servono atti concreti non dichiarazioni e chiediamo il ritiro dell’emendamento soppressivo”. La segretaria dem aggiunge: “Siamo disponibili da subito al confronto sul merito, la nostra proposta vuole rafforzare la contrattazione collettiva. Ma questa non può scendere sotto la soglia dei 9 euro perché così non è lavoro è sfruttamento e dovrebbe essere interesse del governo migliorare le condizioni del lavoro in Italia”.


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