Politica

Sigonella raccontata dopo 40 anni

di Giuseppe Ariola -


Un vero e proprio intrigo internazionale del quale fanno parte a pieno titolo terroristi, servizi segreti e forze armate di diversi paesi, rappresentanti diplomatici e, soprattutto, la politica con una sonora lezione inflitta dall’Italia a un alleato storico e potente come gli Stati uniti: si tratta della crisi di Sigonella, raccontata quarant’anni dopo da alcuni dei principali protagonisti della vicenda. L’occasione è stata fornita dalla presentazione del libro “La Flotta” di Flavio de Luca che all’epoca dei fatti di Sigonella era commissario straordinario del gruppo armatoriale Lauro dalla cui nave ammiraglia prendono le mosse i primi passi di una vicenda che si concluderà con un epilogo inaspettato, dopo una sequenza di avvenimenti decisamente avvincenti. Tutto, infatti, inizia con il dirottamento, avvenuto a largo delle coste egiziane, da parte di un commando di quattro uomini aderenti a un movimento per la liberazione della Palestina, della nave italiana Achille Lauro salpata per una crociera nel Mediterraneo. Il dirottamento non era premeditato, la nave “fu oggetto occasionale di un sequestro”, ne sono convinti sia Giuliano Amato, all’epoca dei fatti sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, sia Antonio Badini, Consigliere Diplomatico di Bettino Craxi a Palazzo Chigi. La missione del gruppo era infatti quella di imbarcarsi clandestinamente sulla nave italiana per raggiungere il porto israeliano di Ashdod con l’intento di compiere lì un attentato terroristico. Il commando fu però scoperto mentre maneggiava le armi di cui era in possesso e a quel punto iniziò il dirottamento dell’Achille Lauro, “una vicenda che chi l’ha vissuta difficilmente può dimenticare”, sostiene Giuliano Amato, ricordando come non appena appresa la notizia che la nave italiana era in mano a dei terroristi ricevette da Craxi “il compito di convocare un Consiglio di Gabinetto per l’una e un quarto di notte”. Il governo non ebbe da subito una linea comune, ricorda Amato, ma era diviso tra chi “era già pronto trumpianamente a schierare non la Guardia Nazionale ma forze militari per recuperare militarmente la nave” e chi invece, come il ministro degli Esteri Andreotti e lo stesso Craxi, “ritenevano più prudente verificare e valutare la possibilità di una soluzione non cruenta e comunque negoziata”. Come è noto, prevalse questa seconda soluzione che implicava la necessità di mediare con i terroristi. Craxi chiama Arafat con il quale aveva un vecchio e consolidato rapporto, che si dice estraneo al dirottamento, mentre anche la Farnesina attiva canali ‘privilegiati’. Dopo una serie di rocambolesche telefonate, si riesce a far arrendere i dirottatori e a condurre l’Achille Lauro nel porto egiziano di Said. A questo punto Craxi in persona apprende telefonicamente dal comandante della nave De Rosa che, contrariamente a quanto era stato riferito fino ad allora, c’era scappato il morto, un cittadino americano paraplegico di religione ebraica, Leon Klinghoffer. Un tragico effetto collaterale e non un atto premeditato, al pari del dirottamento, sono pronti a scommetterci ancora oggi sia Amato che Badini: “Dei terroristi, che sono dei pazzi per definizione, si vedono assalire in una situazione di altissima tensione. Cosa pensate possano fare? Hanno sparato”. Fatto sta che a questo punto salta l’ipotesi di un salvacondotto per i dirottatori, offerta messa sul tavolo quando la convinzione era quella che non fossero stati commessi atti violenti a bordo. Craxi dispone venga preparata una richiesta di estradizione per i quattro componenti del commando, mentre fanno il loro arrivo al Cairo due emissari di Arafat, tra i quali Abu Abbas capo del Fronte popolare per la liberazione della Palestina. Nel frattempo, tutti e sei vengono messi su un Boeing dell’EgyptAir requisito dal governo egiziano così che assumesse a tutti gli effetti le caratteristiche di un volo di Stato, quindi inviolabile. Il volo decolla alla volta di Tunisi, ma viene intercettato dai caccia americani che lo dirottano verso l’aeroporto militare di Sigonella mentre “Craxi riceve una telefonata da Washington – spiega ancora Amato – in cui gli viene detto: ‘noi stiamo alle spalle di un aereo egiziano che trasporta i terroristi e intendiamo prenderceli’. Craxi lo trova inammissibile e ordina che siano i Carabinieri a fare il primo cerchio attorno all’aereo egiziano”. Dice a Reagan che l’omicidio del cittadino americano è avvenuto su una nave italiana, quindi in territorio italiano, e che pertanto non c’era alcuna possibilità che gli autori fossero consegnati ai Marines, né con le buone, né con le cattive. Gli incursori della Delta Force, scesi a Sigonella da alcuni degli aerei militari che seguivano il volo della EgyptAir, circondano i Carabinieri, finendo a loro volta accerchiati da un terzo giro dei militari dell’Armi che puntano i fucili sugli americani. Reagan fece ritirare i propri uomini. A quel punto, i dirottatori scendono per essere interrogati dalla Procura di Siracusa ma l’Egitto fa sapere che i due emissari di Arafat dovevano essere considerati ospiti del governo egiziano e che quindi non dovevano lasciare l’aereo e che la loro sicurezza sarebbe stata responsabilità italiana. Sul volo di Stato egiziano fu autorizzato a salire Antonio Badini, l’unico ad accedere al veicolo che godeva dell’immunità diplomatica. Il Consigliere Diplomatico di Craxi parla con Abbas, mentre diventa chiaro che in realtà era quest’ultimo a essere finito nelle mire degli americani che lo accusavano di aver ordito il dirottamento dell’Achille Lauro e di essere in qualche modo responsabile dell’omicidio avvenuto a bordo. Badini respinge questa tesi senza mezzi termini, bollando senza mezzi termini come “false” le prove che gli Stati Uniti sostenevano di avere. “Dalle intercettazioni dei contatti tra Abbas e i dirottatori non si evince nulla di quanto sostenuto dagli Usa”, storia chiusa e l’aereo riparte da Sigonella alla volta di Ciampino, anche questa volta seguito da un veicolo militare americano che atterra e staziona “vicinissimo all’aerostazione, con l’ala che quasi tocca la finestra”, dietro la quale c’erano i rappresentanti del governo italiano, dice ancora Amato che ricorda come il pensiero andò a un tentativo statunitense di intercettare i loro colloqui. Insomma, gli Usa non mollano, vogliono l’estradizione di Abbas, ma dall’Italia si ritiene non ci siano le basi. L’aereo potrebbe ripartire per l’Egitto, ma c’è il timore possa essere nuovamente intercettato dalla Delta Force. Scatta quella che Badini definisce come la “doppia beffa alla CIA”. Si vola verso Fiumicino, dove alcuni funzionari egiziani a bordo dell’aereo vengono camuffati e fatti salire su auto diplomatiche che prendono direzioni opposte. “Ovviamente la CIA le segue entrambe, ma su nessuna delle due c’era Abbas che si trovava invece ancora a bordo”, racconta con il volto coperto da un sorriso colmo di soddisfazione Badini. Anche lui camuffato, Abbas lascia il veicolo solo dopo e, attraverso le piste di Fiumicino, raggiunge un aereo jugoslavo con destinazione Belgrado. Scende da una scaletta, sale su un’altra e scompare. Una beffa quella di Sigonella che gli Stati Uniti non hanno mai digerito secondo Badini, per il quale l’aver respinto “un’azione da cowboy” è costata “la morte, esiliato e malato, di un patriota”.


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