Stop siti porno ai minorenni: quasi tutto come prima
Al momento l’attesa stretta resta a metà strada, se non nella sua casella di partenza
Mercoledì 12 novembre: doveva essere il giorno dello stop ai siti porno per i minorenni. Così non è stato. Il divieto tanto annunciato dall’Agcom rallenta, frena, non è partito completamente.
Lo stop ai siti porno non decolla
Il provvedimento, ci si è accorti, procede a fasi. L’Autorità ha stabilito che i siti con sede legale in Italia dovevano adeguarsi dal 12 novembre. Per quelli con sede all’estero – la maggioranza dei grandi portali con diffusione tra il pubblico italiano – il termine è più largo, primo febbraio 2026.
In altre parole: la norma è entrata in vigore, ma per una parte significativa degli operatori no. Solo quattro dei 45 “bloccati” ai minorenni avrebbero operato l’adeguamento. Emerge un paradosso: formalmente il blocco per minorenni è attivo, ma praticamente è “aperto”.
Cosa devono fare gli utenti non minorenni
La misura prevede che l’accesso ai siti per adulti non possa più essere affidato alla semplice autodichiarazione (“Sono maggiorenne, clicco e entro”). Deve invece passare per una “verifica dell’età” operata da un soggetto terzo, indipendente e certificato. La norma introduce il cosiddetto “doppio anonimato”: il provider che verifica non deve sapere a quale sito l’utente intende accedere, il sito non deve conoscere l’identità dell’utente, solo che è maggiorenne.
Eppure, molte piattaforme continuano a offrire solo il vecchio click “ho più di 18 anni”. Le soluzioni tecniche che avrebbero dovuto concretizzare il passaggio – app di verifica, wallet di identità digitale, provider terzi – non sono ancora pienamente operative o diffuse.
Il blocco è….”aperto”
Ci sono uno scenario reale e una vigilanza indefinita. Mercoledì mattina alcuni grandi portali hanno mostrato sullo schermo un messaggio di blocco temporaneo verso l’Italia, poi tutto è tornato come prima: accesso libero. La gran parte degli utenti minorenni, insomma, continuano a trovare la “porta aperta”: clic, autocertificazione, banner “Se hai 18 anni clicca qui”, senza controllo effettivo.
I gestori esteri hanno ancora tempo, mostrano ritardi quelli con sede in Italia che sarebbero obbligati già da ora.
L’Agcom ha fallito?
L’Agcom ha fallito? Ha senz’altro adottato la norma, fissato le regole, pubblicato l’elenco dei siti coinvolti, provveduto a correggerlo, definito le modalità. Però i fatti stanno dimostrando che, come frequentemente accaduto in Italia, non basta emanare. Serve far rispettare. E qui l’autorità appare aver più regolamentato che dimostrato forza pratica. Gli strumenti per la vigilanza – diffide, sanzioni fino a 250mila euro, potenziale blocco dei siti – ci sono.
Tuttavia, la tempistica differenziata riduce l’effetto immediato, le soluzioni tecniche non sono tutte operative, il numero di siti realmente adeguati è basso. E la cultura del controllo dell’età – ancora troppo presto per affermarlo definitivamente – non sembra penetrata tra utenti e operatori.
Leggi anche
Il rischio concreto è che la misura resti simbolica. Se l’accesso resta sostanzialmente libero – “trucchetti” possibili con la Vpn a parte -, gran parte della tutela rimane sulla carta. I minori? Continuano a navigare, in attesa che la porta dei siti di contenuti per gli adulti venga davvero blindata.
Leggi anche
La norma del 12 novembre ha segnato l’apertura di un cambio di paradigma ma al momento l’attesa stretta resta a metà strada, se non nella sua casella di partenza. L’Agcom ha gettato le fondamenta, ma il palazzo non è ancora costruito completamente. Se non assisteremo a un’accelerazione vera nei prossimi mesi, rischiamo di trovarci davanti a un divieto che funziona più nelle intenzioni che nella realtà. Ne va della tutela dei minorenni, della credibilità della regolamentazione digitale e del ruolo stesso dell’Autorità di vigilanza.
Non un bel risultato, nei giorni in cui molti italiani si interrogano sulla reale necessità delle Authority.
Torna alle notizie in home