Addio alle Kessler. Due vite a filo stretto che scelgono di sparire con la stessa perfezione con cui entrarono in scena
Inseparabili fino all’ultimo respiro, Alice ed Ellen Kessler se ne vanno a 89 anni così come avevano vissuto: in coppia, in simmetria perfetta, senza lasciare all’immaginazione il lusso di inventarsi un epilogo diverso. Gruenwald diventa l’ultima scena, una casa divisa da una sola parete scorrevole, più simbolica che architettonica, perché quelle due vite erano cucite insieme da decenni.
La cronaca parla di polizia bavarese, indagini di rito, testamenti che chiedono un’urna sola per due. E in mezzo, il dettaglio più tagliente: avevano scelto la via del suicidio assistito, pensando la morte con la stessa disciplina con cui costruivano le coreografie. Niente improvvisazioni. Nemmeno qui.
Chi le ha viste in tv negli anni buoni ricorda la meccanica perfetta: il passo specchiato, i sorrisi gemelli, il varietà che diventava geometria. Le “gambe della nazione”, come le battezzarono in Italia, entrate nelle case del Paese quando la tv dettava ancora il galateo del sabato sera. Prima Lipsia, poi Düsseldorf, poi il mondo intero con Sinatra, Astaire, Parigi, la Rai. Il glamour senza la schiuma.
Quello che colpisce oggi non è la fine, è la coerenza. Molte coppie gemellari, crescendo, si sciolgono. Loro no. Hanno scelto vicinanze fisiche, abitudini duplicate, persino l’idea di essere sepolte con la madre Elsa e il cane Yello, come una piccola tribù emotiva che attraversa i decenni senza allargarsi. Una famiglia ridotta all’osso, ma fedele.
Nel tempo in cui gli artisti rincorrono il protagonismo e il racconto solitario, le Kessler hanno portato avanti un progetto opposto: non essere una, ma due insieme. Un marchio vivente, certo, ma soprattutto una scelta di identità che non ha cedimenti. La vita è stata simmetria. La morte, idem. Nessun colpo di scena, nessuna fuga di scena da diva. Solo disciplina, rispetto del patto, un sincronismo che resiste anche quando tutto il resto rallenta.
E allora la tristezza che arriva oggi non somiglia alle nostalgie televisive, ai ricordi imbellettati. È una malinconia composta, come quelle loro pose anni Sessanta che sembravano leggere e invece erano lavoro. Si chiude una storia doppia, una rarità umana prima che artistica.
In un mondo dove anche i gemelli crescono per separarsi, loro hanno scelto la strada più radicale: restare indivisibili fino alla fine. E quel gesto finale, lucido e feroce, racconta più di mille documentari. Racconta un legame che ha retto tutto: la storia, la distanza, la vecchiaia, la vita.
E adesso anche la morte.
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