Cultura & Spettacolo

Tax Credit e il cinema italiano: una battaglia che fa perdere tutti

di Angelo Argento -


Nel conflitto tra cultura e politica, il caso del tax credit per il cinema rappresenta una ferita aperta. Dove dovrebbe esserci visione strategica, troviamo invece calcolo tattico; dove dovrebbe esserci investimento nel futuro, assistiamo a tagli miope e a schermaglie ideologiche. È la cronaca di una battaglia che fa perdere tutti: la cultura, la politica, e l’Italia stessa.

Il tax credit non è una regalia, ma uno strumento intelligente di politica industriale e culturale. Grazie a questo meccanismo, il cinema italiano ha attratto coproduzioni internazionali, sviluppato filiere, valorizzato territori. “La cultura è l’unica forma di economia che arricchisce senza impoverire nessuno”, scriveva André Malraux. Eppure oggi sembra che proprio quella cultura venga trattata come un peso, una spesa superflua da ridurre.

La politica, oscillante tra propaganda e populismo, ha smarrito il senso della funzione pubblica nella cultura. Invece di proteggere un settore strategico, preferisce usare il cinema come bersaglio simbolico. “Quando sento la parola cultura metto mano alla pistola”, diceva il personaggio di un dramma nazista. E oggi sembra che certi ambienti ne condividano lo spirito, anche se con la copertura del lessico dei conti pubblici.

Intanto, le maestranze e le imprese che rendono possibile il miracolo quotidiano dell’audiovisivo italiano si ritrovano senza certezze, senza regole chiare, senza tutele. È un sistema che rischia di perdere il proprio capitale umano e creativo, vanificando anni di lavoro. “La cultura è ciò che resta quando si è dimenticato tutto”, diceva l’intellettuale francese Édouard Herriot. Ma qui si dimentica la cultura stessa, in nome di una ragioneria senza visione.

Il risultato è un corto circuito: la politica scredita la cultura, la cultura perde forza nella società, la società smette di investire nella cultura. Un ciclo vizioso che rende più poveri tutti. Per questo la battaglia sul tax credit non riguarda solo il cinema: è il sintomo di una patologia più ampia, quella di un Paese che non sa più dove vuole andare.

Eppure, proprio il cinema italiano è ancora oggi uno dei più potenti ambasciatori del Paese nel mondo. 

Le maestranze italiane – costumisti, scenografi, tecnici del suono, direttori della fotografia – sono tra le più apprezzate a livello internazionale. 

La capacità artigianale, la creatività, l’adattabilità al servizio di produzioni complesse fanno dell’Italia una delle mete più ambite per girare film e serie. 

Da Sorrentino a Guadagnino, da Nolan a Ridley Scott fino ai grandi set americani che scelgono Cinecittà o le piazze di Roma, Napoli, Sicilia o Piemonte: non solo per bellezza ma per competenza. 

E questo valore andrebbe protetto, non messo a rischio.

Come ammoniva Pier Paolo Pasolini:

“L’Italia è un Paese distrutto, perché ha distrutto la sua cultura.”

Il problema non è il costo della cultura, ma il prezzo che paghiamo quando la perdiamo.


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