Attualità

Venezia, è il giorno dei verdetti tra politica e poesia del cinema

di Ivano Tolettini -


Oggi cala il sipario sulla 82esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia. La battaglia delle “Guerre Stellari”, in base alle indicazioni dei critici italiani e stranieri, che sono sempre più che un gioco, arriva alla sintesi della giuria internazionale. È presieduta dal regista statunitense Alexander Payne ed è composta da altri sei personaggi del cinema: Stéphane Brizé (Francia), Maura Delpero (Italia), Cristian Mungiu (Romania), Mohammad Rasoulof (Iran), Fernanda Torres (Brasile) e Zhao Tao (Cina). La squadra, al solito, la dice lunga sull’orientamento e determina ovviamente il risultato. I voti dei critici che affollano il Lido sono il barometro che, giorno dopo giorno, misura i film e disegna la geografia del concorso. Quest’anno i giudizi sono stati netti: per quello che conta c’è un film che svetta, due che inseguono, e un gruppo di opere che si contendono i gradini intermedi del podio.
The Voice of Hind Rajab
In testa a tutte le classifiche, senza rivali, c’è The Voice of Hind Rajab. Il documentario dedicato alla bambina palestinese uccisa a Gaza ha unito applausi e riflessioni, trasformandosi da subito in caso politico e cinematografico. Venti minuti di ovazione in sala, medie altissime sulle tabelle: è il front runner naturale per il Leone d’Oro. La forza del film non sta soltanto nella tragedia che racconta, ma nella capacità di diventare documento universale. Come accadde in passato per altri docufilm, anche qui la Mostra si ritrova davanti a un’opera che supera il cinema per farsi testimonianza, atto civile, voce che nessuno può ignorare. La sua cifra emozionale, oltre che l’attualità del dramma palestinese, ne fanno un potenziale vincitore “politico”, sul quale però non tutti sono d’accordo perché l’estetica cinematografica tradizionale è minima. Ma la Mostra si adatta ai tempi.
No Other Choice
È l’outsider che convince. Subito dietro, a una distanza rispettosa ma costante, si piazza No Other Choice di Park Chan-wook. Il regista coreano ha portato in concorso un film che mescola tensione politica e rigore formale, capace di parlare sia alla critica italiana che a quella internazionale. Le stelle lo dicono chiaramente: è l’alternativa più credibile. L’energia visiva, la scrittura serrata, il coraggio di un racconto che non indulge nelle zone di conforto hanno fatto la differenza. Se la giuria cercasse un’alternativa meno segnata dal peso politico, il suo nome sarebbe pronto.
La Grazia e A House of Dyn.
Sul terzo gradino il panorama si allarga. Qui si collocano tre opere molto diverse: La Grazia di Paolo Sorrentino, A House of Dynamite e ci mettiamo anche Duse di Pietro Marcello. Quest’ultimo film ha colpito per la capacità di sottrarre e reinventare: Valeria Bruni Tedeschi non cerca mai la mimesi della “Divina”, ma costruisce un ritratto interiore, che ha convinto sia in Italia che all’estero. Sorrentino, con Toni Servillo presidente della Repubblica, ha raccolto una media stabile: giudizi positivi, pur con qualche perplessità sugli eccessi stilistici. La mano di Kathryn Bigelow con A House of Dynamite non è certo una sorpresa: la regista premio Oscar ha convinto per energia e coerenza narrativai.
Elisa e gli altri inseguitori
Appena dietro si colloca Elisa di Leonardo Di Costanzo, film rigoroso e intenso, interpretato da Barbara Ronchi. È stato accolto con grande rispetto, ma non con lo slancio necessario a insidiare il podio. Resta però un candidato solido per premi come il Gran Premio della Giuria o le Coppe Volpi, soprattutto quella femminile. Subito dopo, in ordine sparso, compaiono Bugonia di Yorgos Lanthimos, divisivo come sempre; Frankestein di Guillermo del Toro, oppure opere come Jay Kelly di Noah Baumbach o Sotto le nuvole di Gianfranco Rosi.
Due prospettive si incontrano
La cosa interessante è che le classifiche di italiani e internazionali, pur con sfumature diverse, raccontano la stessa storia. The Voice of Hind Rajab al comando, No Other Choice in seconda posizione, un terzetto variegato al terzo posto. Divergono soltanto le gerarchie interne: per gli italiani pesa di più La Grazia, per alcuni stranieri il fascino di Duse; per entrambi, però, A House of Dynamite è il titolo più vitale. Questa convergenza rende più solido il pronostico e al tempo stesso lascia aperti spazi di sorpresa, soprattutto nelle categorie attoriali.
I premi in prospettiva
Così il medagliere ufficioso, a poche ore dal verdetto, si disegna con chiarezza:
Leone d’Oro: favoritissimo The Voice of Hind Rajab.
Gran Premio della Giuria: No Other Choice in prima linea.
Premio alla regia: possibile per Paolo Sorrentino o per Park Chan-wook.
Coppa Volpi femminile: Rebecca Ferguson (A house of Dynamite) Barbara Ronchi (Elisa) in pole position.
Coppa Volpi maschile: incognita aperta, con più nomi in gioco.
Conclusione

Questa 82ª edizione di Venezia conferma che il cinema scuote, divide, mobilita. L’urgenza politica di The Voice of Hind Rajab, la solidità narrativa di No Other Choice, la stratificazione poetica di Duse e La Grazia, la sorpresa di A House


Torna alle notizie in home