Cultura & Spettacolo

VISTO DA – L’amore e la musica by Netflix

di Adolfo Spezzaferro -


Abbiamo fatto un esperimento più sociologico che di critica cinematografica: abbiamo visto il film al numero uno dei più visti ora su Netflix in Italia: A Beautiful Life di Mehdi Avaz. Una produzione originale Netflix danese (ma potrebbe essere stato girato ovunque). Si sa, i film girati secondo gli standard del gigante dello streaming video (“Presente in 190 Paesi!”, come recita una battuta-tormentone de Il sol dell’avvenire di Nanni Moretti), si somigliano tutti un po’ e tutti somigliano ai cliché delle pellicole americane per il pubblico giovanile. Siamo alla solita storia del talento nascosto per la musica, che viene scoperto per caso e diventa una star. In mezzo l’infanzia difficile, un lavoro umile, l’amore, i fantasmi del passato, le decisioni difficili da prendere. Fino a che non si arriva all’happy ending (romantico). A rendere tutto più credibile ed efficace, il protagonista è un cantante (famosissimo in Danimarca) anche nella realtà.

Questa la trama. In Danimarca Elliott (la pop star Christopher) è un pescatore con una voce fenomenale: inconsapevole del suo talento viene scoperto per caso la sera in cui accompagna alla chitarra il suo amico e si ritrova a cantare al posto suo. Tra il pubblico c’è Suzanne (Inga Ibsdotter Lilleaas), produttrice musicale molto conosciuta nel settore. Suzanne ha l’idea di investire nel ragazzo, coinvolgendo anche la figlia Lily (Christine Albeck Børge) che agli occhi della madre sembra ricca di risorse ed energie, ma “parcheggiata” nella vita. La mossa di Suzanne spinge i ragazzi verso una collaborazione non solo artistica e professionale. I due si avvicineranno sempre di più, in un universo ricco di scoperte, quello dell’amore e della passione e quello del grande successo. Ma Elliott deve fare i conti con un passato (l’amico che accompagnava alla chitarra e che ora reclama la sua parte di successo) e con la paura di affrontare la nuova vita, compresa la prospettiva di una relazione con Lily. Sullo sfondo c’è la possibilità di affermarsi come star della musica internazionale. Si tratta soltanto di cantare bene a una trasmissione a Londra, di quelle che ti fanno acquisire fama mondiale.

Il film è pieno di canzoni dello stesso Christopher, di genere soul-pop confezionate ad arte per piacere ai giovani. Lui di certo piace (e non poco) alle giovani. La struttura è semplice, collaudatissima, secondo snodi narrativi tutti prevedibili e scontati. Qual è dunque la qualità della pellicola? Le canzoni, come abbiamo detto. L’interpretazione convincente del cantante qui attore. La riuscita della love story, con un epilogo peraltro molto commovente. Ma il film ha anche dei lati negativi: i dialoghi spesso banalissimi e troppo didascalici. I ruoli dei personaggi troppo ancorati a stereotipi: la madre produttrice e la figlia produttrice musicale legate dalla tragedia del suicidio del padre rockstar di Lily, allontanate dalla vita, che poi si riavvicinano dando voce al sentimento che le lega; il rapporto del protagonista con l’amico che è convinto di essere stato defraudato del suo successo (in realtà non sa cantare); la contrapposizione un po’ troppo schematica tra classi sociali diverse – Elliot è un pescatore di umili origini, Lily ha sempre avuto una vita agiatissima; il cliché secondo cui lo staff che produce Elliot debba per forza essere la famiglia che non ha mai avuto. Sono situazioni schematizzate, esemplificate a livello psicologico – tagliate con l’accetta, in effetti – perché ad uso e consumo di un pubblico molto giovane, che se la comanda sulle tendenze di Netflix Italia, visto che il film è al primo posto.

Quello che più fa pensare è che il film ha pochissimo di danese: è come se i luoghi, le situazioni, gli snodi narrativi siano una ricetta di base che le produzioni Netflix applicano ad ogni angolo del pianeta. Un po’ come quelle foglie di insalata del McDonald’s tutte con lo stesso colore, lo stesso sapore, la stessa croccantezza. In ogni McDonald’s del mondo. Ecco, A Beautiful Life, un po’ per le canzoni in (perfetto) inglese, un po’ per il concetto di cosa è che rende una vita bellissima – l’amore, per la musica e per il proprio partner – è come quella foglia d’insalata nel panino del Mc. Poi, si sa: de gustibus. Per chi volesse fruire di un fast food cinematografico – un’ora e mezza che scorrono fortunatamente abbastanza rapidamente – tra buone canzoni e buoni sentimenti, la foglia d’insalata del Mc è servita. Se però volete la “ciccia”, la sostanza, sono ben altri i film musicali da gustare.


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